Bentornati! Oggi parleremo dei casi editoriali, quelle evanescenti etichette che spesso sono caratteristiche di vari libri del momento e che appaiono sinonimo di qualità letteraria più di ogni altra cosa. Tra le vostre recenti osservazioni alcuni di voi mi hanno chiesto cosa ne penso di queste cose, se i vari "casi" sono realistici avanzando anche qualche titolo e qualche nome. No, ragazzi, non posso pubblicare i titoli che mi avete accennato per ovvie ragioni, posso però darvi qualche indizio e, con la scusa, illustrarvi anche il mio pensiero. Raramente un caso editoriale è sinonimo di qualità di un libro. Più spesso di quanto si creda è vero il contrario. Abbiamo già visto che il best seller identifica un libro a vastissima diffusione ma se questo sia o meno di qualità è tutta un’altra faccenda. Best Seller e Caso Editoriale, però, sono definizioni che vanno a braccetto ed è bene illustrare cosa si intenda con tali definizioni. Un tempo un qualsiasi romanzo di successo di Verne poteva essere visto come il libro-rivelazione ma oggi più che un vero Libro il best seller, o caso editoriale, è un bene di consumo come le arance cresciute con pesticidi e i polli allevati ad antibiotici. E qui si apre la solita discussione su cosa sia grande narrativa e cosa un semplice bene di consumo. Qual è la linea di confine? Inutile chiedere a chi si nutre solo di best seller e poco altro e neanche chiedere ai critici. Molta parte della cosiddetta “fascia alta intellettuale”, almeno qui da noi, sembra preoccupata più dalla propria immagine pubblica che dal valore della vera narrativa.
Il coniglietto Ciuffolo ama solo i bei romanzi, non certo i libri da spiaggia! |
Di certo sappiamo che proprio perché beni di consumo, i best seller sono progettati a tavolino da esperti di marketing, anche se sulla base di una buona idea di un autore. La fase successiva è il lavoro di tanti ghost writers e infine, quando il prodotto è pronto, ne viene fatta un’asta planetaria per la vendita dei diritti. Essendo uno scrittore e non uno specialista del marketing, non conosco tutti i casi del genere ma ne conosco comunque alcuni, che però sono letteralmente sotto gli occhi di tutti, e che NON vi rivelerò. Si tratta di libri scritti da sconosciuti gost writers ma con il nome dell’Autore di grido, che magari fa anche il figo in tv vantandosi che il proprio libro ha venduto tot milioni di copie…. Pur sapendo che il libro che porta il suo nome è stato scritto da un altro o quanto meno la sua versione era assolutamente deprecabile, necessitando quindi di una vera e propria ricomposizione. Ad ogni modo, dato che il progetto, sotto il profilo marketing è ben fatto ecco che il costo dei diritti sale a cifre a sei zeri. Ed ecco perché quando si parla di libri arci noti non conta la qualità oggettiva. Primo perché sono prodotti di consumo progettati a tavolino, non importa se di autori esordienti o meno, secondo perché il più delle volte neanche li hanno scritti loro. Dal punto di vista dell’azienda, quando si spendono cifre da capogiro per i diritti si deve fare una sola cosa: vendere centinaia di migliaia di copie, altrimenti si fallisce. Come si vende? Recensendolo in tv in prima serata o comunque su trasmissioni specializzate in propaganda libraria, facendolo recensire sui principali quotidiani etc. etc. Si tratta di una “normale” campagna di vendita come il marketing sul farmaco per le rughe pubblicizzato da spot dove si vedono spesso eccitanti (e inesistenti) sexy dottoresse che reclamizzano quella marca di prodotto, quell’assorbente, quel dentifricio, quella schiuma da barba: no difference. Va detto anche che l’alto costo delle recensioni televisive è un potente strumento per diffondere il finto verbo della pseudo narrativa nelle case, perché se un personaggio di grido partecipa a una trasmissione tv chiede gli eurozzi, ma se il responsabile presenta il suo libro ci va gratis. Il risultato di questo andazzo è che di risorse economiche e spazio sulle librerie per altri Autori, che magari tentano di scrivere bene, non ce n’è più. E guardate che fatti i debiti raffronti, anche i titoli di tantissime major hanno i giorni contati (generalmente non più di sei mesi se il libro cessa di vendere). Per quanto mi riguarda io sono uno scrittore poco noto perché la mia casa Editrice è piccolina e fa quel che può per la diffusione dei miei e dei libri di altri Autori, eppure son fortunato lo stesso: ho pubblicato cinque libri di cui ben quattro sono antologie di racconti. Di norma, in Italia, i racconti non hanno mercato (altra cosa becera e per la quale la Repubblica delle Banane è sola soletta a livello mondiale). Non solo: non ho mai pagato per pubblicare e posso anche rifiutare i contratti che considero svantaggiosi come ho fatto di recente rischiando così che il testo resti inedito a vita. (tranquilli, al momento “Primus” è in valutazione altrove!) Ma quanti ce ne sono là fuori che non sono neppure pubblicati per colpa della non-narrativa e di un sistema ipocrita quale quello moderno? Conosciamo tutti il teorema economico che recita come la cattiva moneta scaccia quella buona, ma questo vale anche per l’arte narrativa, cinematografica, ecc. La non-narrativa, la non-cinematografia scaccia quella buona e il gusto del pubblico si adegua al livello più basso perché manca delle competenze tecniche, artistiche, stilistiche per distinguere la qualità dal trash. La sola cosa che possiamo fare è di non comprare mai, a prescindere, quel libro presentato in tv in una trasmissione specializzata sui libri, a costo di sbagliare, ma scegliere i nostri libri seguendo maggiormente Case Editrici di medio/piccolo livello (per diminuire i rischi di trovare libri scadenti) o titoli di Autori classici o già da tempo osannati dalla Critica internazionale piuttosto che da certa pseudo critica nostrana. Solo in questo modo potremo difendere la nostra libertà di pensiero da una società che troppi definiscono no global quando invece ha globalizzato anche i cervelli. Un esempio pratico. Tanto per restare in tema di alcuni vostri commenti, il libretto di finte memorie erotiche della ragazzina zoccola potrei anche trovarlo divertente se è scritto bene. Ma un romanzo che pretenda di essere filosofico, caratterizzato da concetti intelligenti, se è scritto con i piedi o palesemente plagiato da altri e più meritevoli Autori è da disprezzare.
Un caso editoriale non è sempre nuovo come appare... |
E non importa se è anche un best seller: sempre trash è. Anzi è anche più disgustosa perché è una vera e propria truffa verso il lettore. Pretende cioè di spacciare riflessioni valide quando invece è solo un’accozzaglia di luoghi comuni, magari divulgato ad hoc da certa stampa compiacente che non fa altro che distribuire comunicati stampa presentati come recensioni. Ma se uno scrittore è anche un vero romanziere allora il suo stile è reso efficace da almeno 2000 anni di retorica. Se scrive porcate è un imbecille e come tale dimenticabile. Per capire questo concetto non serve essere critici d’alta scuola, ma essere amanti dei libri, tanti, tanti, tanti libri di qualità. Se invece leggerà le solite puttanate che vanno di moda e poco altro non avrà gli strumenti per capire né la narrativa degli ultimi secoli né il concetto di libertà di espressione che consente ai più grandi di scrivere “Un giorno di Ordinaria follia” dove sesso e perversioni abbondano, o “Labirinto di Morte” dove praticamente esiste un’ode all’uso di LSD, o “Solaris” dove lo Scrittore Vero, una razza rara e non certo comune come sbandierata da questo o quello scranno di sedicenti letterati, discute con se stesso e il suo pubblico di cosa è l’essere umano. Questa è la vera Arte capace di essere autentica e sana al di là di mode, discussioncelle televisive moralistiche e libretti vincitori di premi discussi a tavolino. Perché il vero romanzo, la vera arte scritta, è opera di pochi che scrivono per molti. E proprio l’Arte è la sola espressione creativa umana che vanta un candore innato anche se parla di merda, sangue e paranoie viste come metafore della vita.
Massimo Valentini