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giovedì 29 novembre 2012

"Occhi senza più lacrime", recensione





Questa è una recensione particolare. Ciò che leggerete oggi è il racconto di una scrittrice esordiente, Daniela Piccoli, che ha scritto una ventina di brevi racconti di fantascienza in parte pubblicati su diverse raccolte sia on line che cartacee. Che io sappia, il racconto di cui adesso farò la recensione non è disponibile su un sito né in forma cartacea. Per questo ho deciso di postarlo qui in forma integrale per farvelo leggere col beneplacito dell’Autrice. Perché ho scelto proprio questo e non uno dei racconti già pubblicati? La risposta è semplice: si tratta della storia che più mi è piaciuta e che, rispetto ad altre sue, mi sembra più in linea col mio modo di scrivere attuale. L’immagine che vedete in prima è un disegno realizzato dall’Autrice apposta per il racconto. Le altre immagini, invece, si riferiscono ad altri suoi disegni. Passando al comparto tecnico essenzialmente si tratta di un dialogo. Un discorso a due voci, cioè con due soli personaggi, molto diretto, senza fronzoli, e quindi di veloce fruizione. Per quanto mi concerne si tratta anche di un dialogo verosimile. Con questo termine io identifico non un dialogo brillante ma che, proprio per questo, difficile da ascoltare nella vita reale ma neanche uno scarno, ripetitivo e, per usare una sola parola, noioso. Leggetelo e poi non mancate di scrivere le vostre sensazioni. Alla fine del racconto troverete l’elenco completo, inviatomi dall’Autrice stessa, relativo a tutti i suoi racconti. Alcuni di essi sono completi di link o, comunque, dei dati relativi alle pubblicazioni (quando e se pubblicati). Spero che questo racconto vi piaccia come è piaciuto a me. 

Marylin Monroe, la ginoide protagonista del racconto L'Androide 518L


Il racconto:

“OCCHI SENZA PIU’ LACRIME”


L’investigatore entrò nella stanza. In un angolo seduta compostamente stava una donna. Il vestito, elegante e costoso, era ancora sporco di sangue, lo sguardo perso in chissà quali pensieri.
L’uomo si mise di fronte all’omicida con una cartella in mano, poi dopo averla aperta, sparpagliò una serie di foto sul tavolo.
- Allora, signora Marcelli, lo riconosce? Guardi bene le foto della vittima. - Le vedo. Lo riconosco. - Sa quindi come si chiamava? Chi era? - Si chiamava Antonio Volpi. - Signora lei è stata trovata con un coltello in mano, nella villa di questo signore, mentre infieriva sul suo corpo dopo averlo colpito con quattordici coltellate. - Si erano quattordici. Una per ogni anno. - Una per ogni anno cosa? - Una per ogni anno. - Non capisco. - Non importa. Lei non può capire. - L'ha ucciso lei, quindi. Confessa. - Si l'ho ammazzato io. - Perché? Perché dice che io non posso capire? - Lei è troppo giovane. Quanti anni ha? Ventisette, ventotto? - Ne ho trentadue. Ma può parlare, può spiegarmi. Forse posso capire. - Non credo. Ha figli? - No, ma spero di averne. - Glielo auguro. È una bella cosa avere dei figli. - E lei ne ha mai avuto qualcuno Anna? Posso chiamarla Anna? - Può chiamarmi come vuole. - Lei ha appena confessato un omicidio, vuole un avvocato? - No. Non mi interessa. Ormai non ha più importanza. Nulla ha più importanza.
- Torniamo ai figli. Quanti figli ha avuto, Anna? - Una. Sul volto della donna per la prima volta aleggiò un accenno di sorriso, come se stesse ricordando qualcosa di bello.
- Una bambina, quindi. E ha anche un marito? – Il detective Polvani era perplesso. Secondo i dati in suo possesso la donna non aveva figli.
- Non più. È morto.
Un’agente bussò nella saletta. Chiamò l’investigatore da parte, gli disse alcune cose sottovoce all’orecchio e poi andò via. Polvani si rimise seduto con un sospiro. Adesso capiva. Altroché, se capiva!
- Signora mi dicono che i suoi documenti sono falsi. Lei non si chiama Anna Marcelli, il suo vero nome è Lara Leonelli e il vero nome della vittima è invece Mario Corsetti.
- È vero.
- Perché ha cambiato nome?
- Dovevo farlo, altrimenti lui mi avrebbe riconosciuta.
- Già, ha cambiato nome, ha cambiato il colore dei capelli, ha usato lenti colorate. Tutto per avvicinarlo, vero?
- Sì, non mi avrebbe permesso di andare nella sua villa e di restare da sola con lui. Avrebbe capito subito le mie intenzioni.
- Invece lo ha abbordato. Ha premeditato tutto Lara?
- Si
- Quando?

- Quando l’ho trovato.
- Lei è riuscita dove noi non siamo arrivati.
- Le mie motivazioni erano molto più forti delle vostre. E non avevo le mani legate dal fatto che fosse un uomo ricco con tante conoscenze altolocate. Ho passato ogni minuto della mia vita a cercarlo, dopo che voi l’avete rilasciato perché non avevate prove.
- Già. Ma lei è sicura che sia stato lui?
- Oh, lo ha confessato. Mi ha spiegato tutto. Non voleva dirlo, ma io ho usato la stessa tecnica che ha usato con mia figlia. Dopo averlo drogato e legato, ho atteso che si svegliasse e poi ho acceso una sigaretta e ho minacciato di spegnergliela sul corpo, se non avesse parlato. Era un vero codardo. Dopo le prime due bruciature ha confessato tutto. - Sul volto di pietra della donna, passò un sorriso di soddisfazione. – Io mi sono fermata. Mia figlia non ha avuto questa fortuna, prima di violentarla, lui l’ha seviziata con quindici bruciature. Tre su un seno, quattro sul braccio destro, una nella…
- Basta. Non dica altro. Non si torturi oltre.
- Non posso. Io quelle bruciature le sento ogni giorno sulla mia pelle, una per una, ogni volta che mi sveglio e che ricordo chi sono e che avevo una figlia. Aveva solo 14 anni, era ancora una bambina. Aveva la vita davanti e quell’uomo me l’ha uccisa, in quel modo, per fare i suoi comodi. E continuava ad andare in giro libero, libero di fare ad altre ragazzine quel che ha fatto alla mia. Ha confessato non solo l’omicidio di mia figlia, ma anche quello di quell’altra ragazzina che era scomparsa un anno fa.
- Sara Bernardi, quella ritrovata in quel casolare abbandonato? – chiese Polvani,
- Si, Sara, si chiamava Sara. E ne ha nominata un’altra, una che non avete mai trovato. Chiara, ma non ricordo il cognome. Ha detto di averla seppellita in una bosco a nord della città. Ha riferito che vicino c’è un casolare in rovina, e una grande quercia.
L’investigatore si appuntò tutto, anche se tutto l’interrogatorio veniva registrato.
- E poi, dopo la confessione dei tre omicidi, cosa ha fatto?
- Gli ho fatto credere che lo avrei lasciato libero, che avevo registrato tutto, che avrei chiamato la polizia e che stavolta con la confessione che aveva fatto, non avrebbe avuto scampo. E come avevo immaginato, lui mi ha guardato con uno sguardo spavaldo. Non l’ha detto ma, una confessione estorta con la tortura, con gli avvocati che si poteva permettere lui… L’avrebbero rilasciato nel giro di due ore, e sarebbe potuto sparire di nuovo con una nuova identità. Così l’ho colpito, quando meno se l’aspettava. Ho affondato il coltello nella sua carne, e ho atteso ogni volta per ogni coltellata un po’ di tempo, in modo che si rendesse conto, che soffrisse. Per quattordici volte ho affondato la lama nel suo corpo, facendo uscire il suo sangue lentamente. E sa una cosa?
- Cosa Lara? – chiese l’investigatore guardando in quegli occhi ormai senza più lacrime.
- Non credo che abbia sentito il dolore che ancora sento e sentirò io per tutto il resto della mia vita.


Un altro dei disegni di Daniela Piccoli


Elenco delle opere dell’Autrice

L’amante perfetto – Libro di Out “13 screziature d’amore”
Uno strano caso (la pietra dai riflessi viola) – Space Prophecies Antologia vol. 2 (Yavin 4)
Il pianeta incontaminato – I bonsai di Carmilla
La cuffia R-8 - 256 K di Bravi Autori
L’androide 518L – NASF 7
L’ascensore del futuro - NON SPINGETE QUEL BOTTONE di Bravi Autori
La spia dei Menkari – NASF 8
Il pianeta VVolant -http://www.braviautori.com/il-pianeta-vvolant.html
Il regno di Fumoscuro – http://www.braviautori.com/il-regno-di-fumoscuro.html
La notte di Halloween – http://www.braviautori.com/la-notte-di-halloween.html
La notte più lunga - http://www.braviautori.com/la-notte-piu-lunga.html
Sperando –  http://www.braviautori.com/sperando.html
Strane coincidenze – http://www.braviautori.com/strane-coincidenze.html
Una rapina in banca - http://www.braviautori.com/una-rapina-in-banca.html
Una giornata particolare – http://www.braviautori.com/una-giornata-particolare.html
Occhi senza più lacrime – http://www.braviautori.com/occhi-senza-piu-lacrime.html
Un incontro clandestino - http://www.braviautori.com/un-incontro-clandestino.html
Gioco di sangue - inedito
La brain-wavecam - inedito
Svaniti nel tempo – inedito
L’amore di una donna – sarà edito su “77 le gambe delle donne” Bravi autori
La sezione 13 della biblioteca comunale – inedito (sta partecipando a un concorso)




Massimo Valentini




giovedì 22 novembre 2012

Bianco Assoluto, racconto




Edit: racconto breve, scritto sul momento. Si riferisce al mio prossimo romanzo pubblicato. Ancora i tempi non sono pronti per darvi nuove: abbiate pazienza e intanto leggete…




Mi avvicino al tavolo. Il computer portatile ha lo schermo sollevato, la macchina sembra guardarmi in modo invitante. Sembra. Mi siedo e i miei occhi danzano sulla tastiera esterna. Non uso mai quella del pc, la trovo scomoda. In compenso il sistema è immacolato come una vergine sull’altare di un grande sacerdote. Diversi tasti sono impolverati. Vedo frammenti di cibo, molliche, macchiette bianche meno identificabili che sembrano chiamare a gran voce una bella pulizia. La farò, un giorno o l’altro, lo so. Almeno credo. Accarezzo il tasto di stand-by e nuova vita luminosa scorre sullo schermo traslucido, lo rende animato. Forse è vivo e mi sta guardando. Mentre attendo che il sistema si stabilizzi mi guardo intorno. Il mio appartamento sembra la fiera dell’assurdo. Patatine giacciono sbriciolate sul pavimento, una bottiglia d’acqua vuota fa loro compagnia. Qua e là vedo scarpe, pantaloni gettati senza riguardi sulle poltrone, libri in vari stadi di decomposizione. Tra essi i miei libri, quelli già pubblicati, non il mio tesoro. Gli inediti, neanche completi, che riposano eterei dove l’occhio di nessuno potrebbe arrivare. Il mio respiro è il solo rumore nella stanza; mi ricorda il suono di una vecchia sveglia che so non suonare mai, anche se mi fa paura. Paura di sbagliare, di non scrivere, di non sognare. Paura che un giorno tutto questo finirà e io morirò di follia tra quattro pareti che non riconoscerò come mie. Mi chiedo cos’ho che non va. Sono umano e non mi sento parte della categoria. A dire il vero non so neanche se sono un povero pazzo. Io che desidero con tutto il cuore la stabilità della mente e nello stesso tempo voglio che la mia anima sia libera. Le mie dita si tendono, cominciano a pigiare sui tasti. Adesso è loro la musica, la melodia, anche se il suono è cacofonico, per nulla armonioso. Sbuffo e ingollo un po’ d’acqua fredda da un’altra bottiglia, stavolta ghiacciata. La conosciuta sensazione del liquido freddo tocca la pelle delle mie dita, la galvanizza, mi piace. Lascio che il liquido risvegli le mie cellule cerebrali e intanto provo a scrivere. Ma Althaira non è con me, non in questo periodo, e allora mi alzo e vado alla finestra, a fissare l’assurdo panorama di un posto qualsiasi. Dove i norm sono là fuori, indaffarati, imbecilli. Loro vivono e io no, io vivo e loro sono morti. Qual è la verità? Chiudo gli occhi, sospiro, mi volto come un leone in gabbia. Vorrei evadere da qui, fuggire lontano, dove nessuno possa raggiungermi. Dove pioggia e freddo non esistono. Dove esiste solo il vento. Sì, il vento impetuoso ma tiepido che dissolve i miei pensieri, che mi fa ritornare ingenuo come un tempo! Sono in cerca di qualcosa, eppure fuggo da cose che non hanno nome né voce. Cose che assalgono e divorano, cose che consumano la mente e rendono cieca la libertà. Mi chiedo se l’abbia mai conosciuta, se basti vivere da solo, senza un cane con cui dividere il mio spazio vitale, per averla. L’amore, dicono, rende liberi. Chi lo dice, i Felicemente Sposati? I benpensanti? O quella vocina con la quale ciascuno di noi ha a che fare, una volta passato il giro di boa degli “anta”? Ma io che amore non ho e che allo stesso tempo so descriverlo, io che sono tutto e niente, che sono vivo e sono morto, che amo e odio con la stessa intensità sono nulla più che un piccolo uomo che sogna di diventare grande. Di accettare la mia diversità. Grido ai quattro venti il mio peana d'amore, vado incontro al vento a cercare chimere. Urlo senza voce in questo mondo che non ha paura perché privo ormai della memoria. Io che sono pazzo, solo, amante e sterile. Io che ho visto l'orrore e che sono tornato per non raccontarlo. Io che nessuno capisce e che non voglio capire di essere umano, niente di più. La vita non è un raggio di sole, ma un inganno. Una frode, un giro di valzer, il primo e l'ultimo. La vita dove manichini senz'anima si vestono con belle parole per recitare assurde litanie. Le cantano in quei templi dove fingono di amare e invece sono soli. Perché io sono il vuoto in ascolto, l'uomo che sogna di vivere. E allora, libero, mi chiedo se so amare più io o uno qualsiasi di loro. 


Massimo Valentini

giovedì 15 novembre 2012

"Un bacio dagli abissi", recensione






Care e cari,

vi chiedo un altro po' di pazienza per sapere nuove relativamente al mio prossimo romanzo. Il mio Editore ci sta lavorando. Intanto, eccovi questa nuova recensione... 


trama:

“Lily pensa che il suo nuovo amico Calder sia un ragazzo normale. Calder, però, nasconde un terribile segreto: fa parte di una stirpe di sirene e tritoni assassini, che vivono nei Grandi Laghi e si nutrono dell’energia degli esseri umani. Spinto dalle sue sorelle, il ragazzo esce dall’acqua per uccidere l’uomo responsabile della morte della loro madre. L’uomo è il padre di Lily e l’unico modo per avvicinarlo è sedurre sua figlia. Abituato ad ammaliare le ragazze con la sua faccia d’angelo, Calder scopre che Lily è molto speciale: si veste con abiti retrò, ha un volume di poesie da cui non si separa mai e, soprattutto, non cade subito ai suoi piedi, costringendolo a passare molte giornate insieme. E in queste giornate, proprio mentre Lily inizia a capire che le leggende dei laghi hanno un fondo di verità e le acque profonde potrebbero riservare pericoli mostruosi, Calder si innamora di lei.”


Recensione:

Lo so, non avrei dovuto fare questa recensione: lo sanno tutti che anche parlare in modo negativo di qualcosa è pur sempre pubblicità gratuita. Di questo libro ho apprezzato una cosa sola: non ho pagato per leggerlo. Già dalla trama, mielosa quanto basta per prenotare un appuntamento dal dentista, si capisce a cosa si va incontro. Un qualcosa che deve tutto agli urban fantasy di Stephenie Meyer, l'incontrastata autrice di vampirelli gnokki adolescenti, gli stessi che hanno fatto rivoltare Stoker nella tomba. Comunque, dopo la sbornia vampiresca, ecco una nuova front-line dell’Urban Fantasy per adolescenti: i sirenetti assassini. Già il titolo del romanzo ha un ché di patetico. Sembra un Harmony, in effetti. La copertina è graziosa, ma sinceramente non giustifica un esborso di 16 euro per 300 pagine, non pagine scritte in questo modo, almeno. Un’accozzaglia di cose trite e ritrite del genere che faccio fatica a credere che tale romanzo non sia stato scritto dal maestro italico in persona, Moccia. 


Il Sommo mostra sempre uno sguardo di rara intelligenza

Uno sputo in faccia alle regole della Narrativa che si accompagna a una trama che è la copia di mille racconti. Basta sostituire il sirenetto, anzi, il tritone Calder con un qualsiasi personaggio Fantasy e non vi accorgereste della differenza. La storia è sbattuta sulle pagine senza un filo logico, senza offrire un minimo di spiegazione a chi legge. Credibilità zero. Tra l’altro Calder, il protagonista, che nelle intenzioni dell’Autrice doveva evidentemente essere innovativo rispetto alla miriade di romanzetti Urban Fantasy oggi di moda, si rivela essere un perfetto imbecille. Stereotipato (è il solito eroe gnokko qui in versione kattiva che però, ma guarda!, s’innamora e diventa buono!) non ha le palle per essere davvero un antieroe. Qui abbiamo un tizio abituato a sedurre ragazze per prosciugarle della loro “essenza vitale” e quindi, sulla carta, un assassino spietato. Ora, se fossimo nella realtà, vorrei vedere un assassino navigato che cade ai piedi della prima cretina che incontra. E, per carità, non ditemi che l’amore vince tutto. Potrà anche essere, ma io mi aspetto che l’amore di un individuo del genere sia incentrato su una donna di un certo livello, una che certamente non potrebbe essere Lily, l’amorfa, carina e senza un neurone Lily! A meno che il nostro bel Calder non sia il solito tronista del terminator   di Maria de Filippi in versione sirenetto. Che poi, a ben pensarci, sembra proprio così. Calder somiglia di più alla versione maschile della Dubhe troisiana, un tizio che litiga con le sorelle, piange, frigna ed è ovviamente bello da morire. Insomma, questo romanzo fa piangere i coniglietti davvero perché, se l’autrice voleva descrivere il classico, ma virile anti-eroe ha sbagliato col botto.


Non leggere porcate: i coniglietti sono esseri sensibili e timidi


Superficiali gli altri personaggi a partire proprio da Lily, una tizia che sembra trasparente per quanto è insulsa. E io che pensavo che la  penna della Meyer fosse insuperabile nel campo delle ovvietà. A quanto pare quella di Anne Greenwood Brown è una sua degna concorrente. Dimenticavo che, ovviamente, questo romanzo è il primo capitolo della solita trilogia. Questo libro è quindi un prodotto commerciale al 100% come si evince sia dalle caratteristiche dei protagonisti sia dalla scontata, stupida trama. Solo che, alla fine, uno si chiede che diamine di competenze avrebbero certi editor per scegliere queste storie. Se avessi una sorella di sei anni probabilmente scriverebbe meglio della Brown: è proprio vero che per tutti c’è speranza.



Massimo Valentini