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lunedì 30 novembre 2009

Frammenti di "Sulle ali di Althaira"

                                                                   

Cari lettori e lettrici benvenuti a questo nuovo post con il quale vi darò alcune piccole anticipazioni sia sui tempi di pubblicazione che qualche assaggio dei racconti che compongono il mio nuovo libro “Sulle ali di Althaira”. Intanto comincio col dirvi che la pubblicazione vera e propria e la relativa distribuzione partirà dal 7 gennaio 2010 quindi pazientate ancora un po’. Vi ringrazio di nuovo per la vostra accanita partecipazione relativa alla scelta della copertina. Se tanto mi da’ tanto mi sa che anche questo libro sarà abbastanza “nero” dato lo sfondo proposto. Come già vi dissi in precedenti post questo sarà il penultimo libro facente parte di quella che chiamo “prima produzione letteraria” costituita in gran parte da racconti se si eccettua il romanzo breve “Ultima Thule”. Come sapete l’ultimo elemento facente parte di questo ciclo porterà il titolo di “Gabbiani delle Stelle” e sarà composto dagli ultimissimi tre racconti che ancora devono trovare la strada della pubblicazione. Quelli più accorti di voi avranno notato che ho detto tre e non due; infatti c’è una piccola novità per quanti di voi hanno già letto e apprezzato il mio primo libro “Alfa e Omega”. I diritti di questo volume sono tornati a me e ne ho approfittato per eseguire una singolare operazione chirurgica. Ecco quindi che il primo racconto in assoluto da me scritto “Il Cigno” troverà spazio in una pubblicazione tutta sua sempre con la Zerounoundici Edizioni curata dall’Associazione Servizi Culturali. In questi giorni io e la sempre efficiente Antonella abbiamo, appunto, preparato la copertina di cui qui sopra vedete l'immagine di partenza grezza. Il testo sarà integralmente rivisto dal sottoscritto con un’introduzione affidata a Ivan Croce, mio amico e collega al quale formalmente passo questa patata bollente e che invito a lasciare un commento. Piccola curiosità: poiché la primissima stampa di questo libro è stata fatta oggetto di una scarsa attenzione all’editing dovuta a problemi logistici della precedente casa editrice, le copie a suo tempo distribuite potrebbero diventare “oggetti da collezione”. In questa nuova forma il racconto acquisterà quindi la dignità di pubblicazione a sé stante. E’ necessaria però la prenotazione di almeno sei copie perché possa partire il progetto che vedrà una tiratura iniziale minima di trenta copie. Novità numero due: il già citato “Gabbiani delle Stelle” acquisirà la forma che avevo sempre desiderato per questo libro e vedrà come primo racconto “Sull’oceano del Tempo”, come secondo “Il mare della Memoria” e come terzo e ultimo “La donna che sussurra nel vento”. Naturalmente anche “Sull’oceano del tempo” sarà corretto e rivisto e portato allo stesso standard qualitativo degli altri due che sono virtualmente definitivi. Questo volume, quindi, sarà contraddistinto da tre racconti ambientati vicino al mare che costituiranno un unico romanzo della storia dei gabbiani delle stelle. Per i più curiosi di voi aggiungerò che non farò nulla per togliervi la curiosità :-).

Anche in questo caso abbiamo preparato la copertina che, se tra un paio d’anni dovesse essere pubblicato dalla Zerounoundici Edizioni, ha buone possibilità di essere scelta. Tengo a precisare che le copertine di entrambi i testi sono elaborazioni di panorami suggestivi realmente esistenti. In caso invece dovesse essere pubblicato in Danimarca o da un’altra casa editrice la copertina potrebbe essere differente. Per finire ecco a voi alcuni frammenti del mio nuovo libro…

da “Althaira”

Non mi diede il tempo di finire: “… so tutto di te e dei tuoi sogni. Conosco ciò che agita le tue paure più recondite e le tue speranze più belle. So che non sei contento della prosaica esistenza degli uomini e aneli a cercare oltre il velo della vita per scoprire cosa si estende al di là di essa. Tu desideri contemplare l’Idea dell’Arte come faccio io, ma questo desiderio, che pure ti muove, da un lato ti atterrisce perché hai paura dell’ignoto. La tela che ti ho inviata è un simbolo, ogni cosa lo è, basta saper guardare. I protagonisti dei tuoi racconti sanno dove guardare, lo hai scritto tu, no?”
“E’ vero ma…”
“… e tu sai dove guardare, Gabriel?” Tagliò corto lei, quasi a mezza voce.
“Stai parlando ancora per enigmi!” Osservai, “cosa significa?”

Ma più di ogni altra cosa, quel che ci rende esseri liberi sono i sogni, perché liberano l’intelletto dalle catene di un’esistenza squallida e ripetitiva, che niente ha da offrire se non pallide imitazioni della vita. Il mio, è un sogno che ha un nome e si chiama Althaira. Lei ha donato nuove ali alla mia conoscenza e adesso so o meglio, sono tornato a sapere che non serve, come alcuni dicono, che chi scrive o dipinge debba sempre sporcarsi le mani per continuare a sognare. Almeno per me che sogno di giorno e non di notte tutto questo non ha senso. Là dove altri vedono solo puntini luminosi da dedicare alla ragazza del momento, io contemplo il dominio dell’immaginazione da cui sgorgano le fiamme sublimi della fantasia.

da “Il canto della Solitudine”

Ho affogato la mia arroganza nelle sensazioni sostituendo i fantasmi della morale con gli irreali attimi della perdizione. Ma a dispetto delle graziose bambole che ho avuto come compagne mi sono sentito solo.

da “I gabbiani di Althaira”

E’ vero, sei un frammento, ma non somigli ad alcun altro frammento delineato da una vuota statistica. Ogni cosa nell’universo è simile a un’altra. Dio ha usato gli stessi elementi per completare l’opera della creazione. Ma guarda che varietà ha saputo comporre! Sei un frammento, ma non sei uguale ed è proprio questo che ti rende potenzialmente migliore di altri frammenti. Perché tu sei una differenza nella similitudine.

da “Leyla”

Ho conosciuto molti uomini che mi hanno offerto la loro amicizia, e molte donne che mi hanno concesso il loro amore. Ma non ho mai trovato alcuna come Leyla. Lei è stata la sola che mi ha capito e ha cercato di tollerare il mio comportamento più portato verso la contemplazione che verso il nulla del mondo. Per lei ho scritto racconti e composto poesie. Per i suoi occhi mi sono vestito delle mie parole migliori e gliene ho fatto dono. Ha intessuto la sua vita alla mia piangendo le mie stesse lacrime e asciugando le mie quando le parlavo dei miei affanni.

da “La linea del Tempo”

“Il luogo dove ora ti trovi,” continuò la voce, “è la Regione del Sogno dove la mente non conosce né riposo né silenzio. Le acque del mare che avverti sono quelle, infinite in ogni direzione, della tua vita e del mondo dove la vivi. Scegli quale seguire ma attento: la tua scelta non avrà nessuna possibilità di replica.”

da “La melodia del cuore”

L’arte ha confini che il potere economico non può recintare con una corda fatta di biglietti da cento dollari. Ma quando ciò avviene, essa perde quella patina di universalità che prima la caratterizzava, e solo individui attenti e dotati della giusta sensibilità possono coglierne la differenza. Questo è il motivo del perchè dopo i primi successi un artista vero perda quella innata capacità, la sottile qualità che rende i suoi occhi capaci di guardare oltre.

A dire il vero non sapeva neanche perché si era ritrovata a passeggiare insieme a lui e l’unica cosa che desiderava in quel momento fu di tornare a casa, andare a letto, e concludere un’altra giornata di lavoro come tante. Ma quando arrivarono davanti l’abitazione della ragazza nell’atto di accomiatarsi da lei Steel disse: “Terrò la porta accostata!”

Pareva che il cosmo e la stessa materia coesistessero in un non-spazio di musica dove le usuali leggi dello spazio-tempo avevano perso significato. Le stelle, simili a immani voragini di fiamme nucleari, vibravano ritmicamente in modo disgustoso addensandosi insieme fino a formare i contorni incerti del viso di Donovan Steel. Oggetti, penne, fogli di carta, campi stellari, quasar e lo strumento suonato dall’uomo che intendeva salvare dalla sua stessa follia si mischiavano uno nell’altro in un coacervo di caos assoluto e primordiale.

Massimo Valentini

giovedì 26 novembre 2009

"Gli Eroi del Crepuscolo", recensione



Diciamo subito chr questo romanzo non mi ha esaltato e, se tanto mi dà tanto, dirò senza mezzi termini che se fossi un editore NON lo pubblicherei. Perché? Beh, non è perchè l’autrice non ha neanche 18 anni. Qui parliamo di talento e quello o lo hai o non lo hai a prescindere dall’età. Un maggior numero di anni sul groppone denota, o dovrebbe denotare (almeno in teoria) solo una maggiore padronanza della tecnica, non del talento. Inoltre, e qui è solo questione di gusti, trovo che il romanzo in questione sia esageratamente lungo. Più di 800 pagine farcite di descrizioni, dettagliate e meno dettagliate, inerenti personaggi abbastanza stereotipati e prevedibili. Ma questo, purtroppo, è un limite (sisssignore, ho scritto proprio LIMITE) del Fantasy Made in Italy! Un genere che nel beneamato Stivale acquisisce quasi la connotazione di opera parrocchiale per chierichetti in erba travestiti da fatine sexy e arzigogolate la maggior parte delle volte. E non mi fa alcuna meraviglia. E qui, direte voi, il mondo è pieno di gente, non ancora maggiorenne, che scrive Fantasy con questi termini di paragone! Vero al cento per cento, ma nel nostro Paese acquista una connotazione assolutistica assolutamente ingiustificata. La quasi totalità del Fantasy italiano è infatti farcito di:

1) Eroe/eroina (no, non mi faccio, tranquilli) di turno brava, bella, sexy, intelligente e senza un’oncia di grasso (praticamente una teenager stile Winx)

2) Il cattivone (sempre di turno) brutto, stupido e incapace di integrarsi in modo coerente con la trama del testo

3) Mitiche creature come draghi, mostri o comunque di aspetto simile, naturalmente volanti

4) Elfi, elfe e fatine, rigorosamente sexy ma intelligenti quanto una banana (ma taaanto buone!)

5) Una lunghezza non inferiore alle 800/1000 pagine (sennò a Tolkien non ci si ispira bene)

6) Dialoghi imbarazzanti perché pieni di frasi trite e ritrite.

Adesso, non ho certo intenzione di criticare “Gli eroi del Crepuscolo” additandolo come il simbolo di tutto questo, ci mancherebbe. In sé la storia non è né migliore né peggiore di titoli alla Eragon o alla Cronache del mondo emerso. Ed è proprio questo il punto: Gli eroi del crepuscolo non apporta nulla di nuovo al genere ma qualcosa di già visto (e letto) in altri autori. Eppure nel Fantasy (lo dice la parola stessa) la fantasia ha carta bianca per fare (quasi) tutto! E proprio non riesco a capire per quale dannato motivo alla fine si parli sempre delle solite battaglie, solite creature, soliti buoni contro cattivi stereotipati. Mai sentito parlare di Gianluigi Zuddas? Di Robert E. Howard? Di Marion Z. Bradley? E aggiungerei, di Valerio Evangelisti? Tornando a “Gli eroi del crepuscolo”, vista la pubblicità, mi aspettavo emozioni vere, autentiche, nate da trame corpose e originali, invece non ne ho purtroppo trovate. L’opera è simile a molte della Troisi e del solito, onnipresente Tolkien anche se con una padronanza stilistica inferiore. Ma insomma, di cosa parla stò libro? Mistero, mistero… dunque: siamo in un mondo dove gli elfi sono la specie dominante (ma va?) un mondo minacciato dal Signore delle Tenebre (!) che si fa chiamare “Gylion, Cuore di Ghiaccio”. Già uno che si chiama così la dice lunga sull’originalità del resto, ma andiamo avanti. Chi difenderà il Bene dal Male sarà un manipolo di adolescenti capitanati da un certo Lyannen. Naturalmente, come in ogni Fantasy che si rispetti, anche il nostro Lyannen è un trionfo di integrazione razziale, infatti è figlio di una donna umana e un elfo. E naturalmente, dato che gli elfi sono immortali anche il nostro eroe, sebbene elfo a metà, lo è. E tanto per cambiare, anche lui ama la principessa (di turno) che in questo caso porta il nome di Eileen. E a proposito di nomi: avete notato come attualmente tutti i protagonisti di fantasy hanno nomi che sono un tripudio di doppie e triple "e" e “n”? Come già i protagonisti di altri romanzi, anche Lyannen è bravissimo in tutto. Perfetto combattente (manovra la spada meglio di un cavaliere Jedi), è bello (e ti pareva) sa usare la magia (seppur inconsciamente…) e naturalmente è un diverso (è un mezz’elfo) il che lo rende ancora più “speciale”. La trama è tutta qui, davvero. Quando poi si arriva alle battaglie si scoprono gli altarini. E cioè che i Buoni sono come sempre Belli, Alti, Fieri, Muscolosi, Capelli Fluenti ecc, mentre i Cattivi sono Brutti, Sporchi & Cattivi, appunto! Ora non so voi, ma io di persone bellocce ne ho conosciute tante ed erano persone come… tante altre. L’aureola non l’ho mica vista! E la cosa…bella (mi si perdoni l’orrendo gioco di parola) è che naturalmente i Belli sono sempre affascinanti nell’ardore della battaglia. Un po’ come quei film, tanti purtroppo, dove la gnocca di turno appare una sventola anche dopo essere stata seviziata, gettata in mare, bruciacchiata con un laser (senza farsi nulla!) e presa a calci nelle gengive che al limite sanguinano solo un pochino! Così anche Lyannen appare bellissimo mentre combatte e sbaraglia i nemici tutto da solo mentre gli altri personaggi sono di contorno. Certo, la Strazzulla ha dimestichezza con le parole, tratteggia bene le descrizioni ma esagera, e tanto, con le stesse, riempiendo parecchie pagine di complicati dettagli che non hanno valore dal punto di vista della narrazione. Inoltre, tutti questi eroi formato Adolescenti Della Lego non hanno la minima competenza in tecniche da combattimento. Perché il Fantasy (ebbene si) in massima parte tratta di battaglie analoghe a quelle medioevali. Fateci caso: il Fantasy odierno (specie quello Made In Italy, aridaje!) pur essendo imbevuto di magie e maghetti è comunque a base di battaglie, strategie e tecniche medievali. E tutti i personaggi usano spade, lance, archi, catapulte e draghi. Ora, non so i draghi, ma di certo i VERI COMBATTENTI non sono né esili come Lyannen (semmai il contrario) né come certe eroine presenti in tantissimi altri romanzi. Mi spiace, signori, ma chi combatte davvero non può avere anche il fisico di una modella sedicenne! Tendere un arco impone un controllo assoluto oltre a una certa padronanza dell’arma. E le spade medioevali erano tutto fuorché semplici da maneggiare. E’ molto probabile, anzi, che tipetti come Lyannen non avrebbero avuto neanche la forza di farne roteare una sulla propria testa senza lasciarsela scivolare di mano! E non mi si venga a dire che parliamo di Fantasy!!! Perché si può scrivere un romanzo per bambini e parlare del Lupo Cattivo, ma se si scrive un romanzo che pretenda una certa diffusione, e quindi una lettura anche da parte di adulti, DEVE essere realistico. Credete forse che realistiche siano solo le astronavi a curvatura di Star Trek? Ennò cari! Realistico è anche il modo in cui si maneggia una spada! DEVE esserlo, altrimenti quel romanzo farà acqua da tutte le parti! Il voto che personalmente  mi sento di dare a questo romanzo è quindi un "discreto" dal punto di vista della narrazione ma gli affibbio un'insufficenza piena in tutto il resto a cominciare dalla trama e dalla caratterizzazione dei protagonisti. quanto alla pura e semplice attività di scrittore IN GENERALE,  mi stancherò mai di ripeterlo: scrivere davvero non è da tutti proprio come non è da tutti fare il nostromo o il carpentiere. Tutti noi siamo capaci di imbrattare tele e fogli di carta (persino io…) ma quando andiamo a comporre qualcosa che abbia valenza artistica dobbiamo anche vedere la dove gli altri sono ciechi. Altrimenti tanto varrebbe chiudere bottega e cambiare mestiere. Perché scrivere è una cosa, comporre arte è un’altra. Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia…

Massimo Valentini