Buongiorno a tutti!
Cominciamo subito con le novità. La prima è che questo non è l'ultimo post prima della pausa estiva. Ne è previsto un altro col quale vi darò anche gli auguri di buone vacanze. Passando alla notizia cignesca, il nostro giwe away ha riscosso un certo successo e, vista la buona volontà da voi dimostrata nel seguirmi, è giusto premiare a questo punto due vincitrici e non una sola. In effetti a voler spaccare il capello le vincitrici sono più di un paio. Una è Il Fan Club pisano del sottoscritto, capitanato dalla prof Margherita e formato da una decina di fedelissime che non mancano mai di argomentare i vari post (bontà loro) e l'altra è la neo arrivata Silvietta, credo una delle mie più giovani lettrici, con i suoi tredici (dico bene?) anni. A loro le mie congratulazioni! Se la prossima settimana spedirete una mail coi vostri dati salienti all’indirizzo valentini.nde@libero.it sarà mia cura spedirvi il manoscritto de “Il Cigno”. Grazie e… continuate a seguirmi!
E passiamo al nostro post che sintetizza bene il Valentini-Pensiero sul mondo editoriale italico Fantasy, almeno per quanto riguarda le possibilità di pubblicazione di uno scrittore sia egli esordiente, emergente o moderatamente affermato e capace. Una precisazione: certamente si tratta di un MIO pensiero e non di una Verità Universale, ma è un pensiero piuttosto ponderato, frutto di una ventina di anni da gost writer, scrittore esordiente e ora emergente. Un pensiero che vi spiegherà anche perché il Fantasy italiota, almeno quello che ho letto finora (ed è tantissimo...) non mi piace affatto. Intendiamoci, non è che non mi piaccia il genere, ma una cosa è il Fantasy Serio, alla Yeats, Le Guin, Bradley, Baum o lo Science Fantasy di Swanwick e Gentle per intenderci, altra cosa è quello italico. Inoltre, mirabile dictu, non mi piace Tolkien. So che per certi individui pseudo intellettuali tutti frizzi & lazzi affermare di NON apprezzare Tolkien suonerebbe come un anatema ma tant’è: mi piace la sua tecnica, NON i suoi argomenti. Tornando al fantasy tricolore ho esaminato con occhio disilluso moltissimi titoli pubblicati sia da Major che da C.E. medie o piccole e sulla via di Damasco ho conosciuto la Luce: qui da noi la QUALITA’ NON CONTA NULLA. E la cosa non è valida solo per il Fantasy perché non intendo accennare né al Weird (Fantastico) né alla SF, generi che incredibilmente in Italia sono spesso confusi col Fantasy e il Cyberpunk. E tanto per confermare l'andazzo generale del nostro Paese ecco i requisiti necessari & sufficienti per pubblicare qui da noi:
1) Notorietà mediatica
2) Fattore C(ulo)
3) Moda
4) Parolina
A differenza di quanto spesso si legge in giro, compresi i forum di aspiranti scrittori che recitano come pubblicare con una piccola/media/grande Casa Editrice che ti seleziona sarebbe di per sé SEMPRE sinonimo di qualità del tuo scritto, devo dire che tale idea è esatta quanto il credere che gli asini volano. Per far capire bene il mio punto di vista immaginiamo un paio di titoli realmente validi: Ubik, ossia uno dei capolavori distopici di Dick (SF) e una raccolta di racconti di R. E. Howard (Heroic Fantasy). Vediamo...
Il Fattore C
Una qualsiasi Casa Editrice deve esaminare migliaia di manoscritti all’anno e questo consente alla stessa di riferire sempre la solita scusa: il tempo è tiranno. Questo vuol dire che l'editor leggerà poco di ogni manoscritto che arriva sulla sua scrivania, sempre SE lo leggerà. Si tratta di una regola valida soprattutto per le major: aspiranti scrittori sconosciuti non hanno diritto alla terra promessa e quindi difficilmente saranno non dico letti, ma proprio sfogliati! Devo però spezzare una lancia a favore degli editori perché tanti aspiranti scrittori sono una massa di gente persuasa che l'aver scritto una storiella che parla di vampiri, eroine tutte ossa e tette ed elfi gnokki sia stata baciata dalla gratia artis. Io ho lavorato per una C.E. e leggevo appunto il materiale che arrivava: ragazzi, quanta porcheria! Gente che si mangiava i congiuntivi, con la fantasia di un babbuino ammaestrato, i sogni di un Napoleone e le capacità tecniche di un cerebroleso. E NON esagero! C'erano i superbi che scrivevano sul testo:
"Il mio libro è scritto col cuore e il sentimento che solo una ragazza come me è in grado di provare. Vi farà fare tanti soldi ma io mi accontento di una buona notorietà."
"Gentilissimi, vi invio come d'accordo il romanzo intitolato XXXX che tratta di un povero ragazzo che incontra una donna più grande di lui e finiscono a letto insieme. Non penso di essere un Leopardi ma sono giovane, so scrivere, lo dico senza falsa modestia, e penso di avere tutti i numeri per ben figurare come vostro autore. E magari, se proprio sarete così gentili da pubblicarmi, una birra ci scappa, dai!"
Le frasi che avete letto sono REALI, non inventate. E pensate che a me arrivava una piccola parte della roba da leggere... ARRGH!!!!! A essere precisi, però, arrivava anche roba buona, dannatamente buona. E infatti li ho segnalati per la pubblicazione. Un'altra categoria di roba che arrivava, ancorché NON pubblicabile a causa di evidenti pecche che oscillavano tra il grave e l'inaccettabile, erano i testi di persone che però credevano in quel che facevano. Erano questi i "clienti" più difficili perché, da una parte la loro insicurezza mi faceva simpatia ma dall'altra non potevo scendere a patti con me stesso. Così inventavo una balla con il capo e dicevo: "Guarda secondo me non è pubblicabile. Però non la spedisco io la risposta: tizia mi sembra speranzosa e anche se non ha talento pare animata da buone intenzioni. Rispondile tu!" Dobbiamo anche dire che un qualsiasi editor, anche di una major, è un essere umano e può anche andare per simpatie e antipatie, oltre che per gusti suoi propri. NON fate mai l’errore di considerare gli editor/editori come pozzi di scienza ed erudizione letteraria. Non sono più i tempi di una volta, con pochissime Case Editrici dove scrivevano in pochi e tra di essi non c'erano bimbominkia, veline, paparazzi, calciatori, cabarettisti, mignotte o perfetti idioti usciti da un reality. Oggi le C.E. italiche sono circa 4.500. Quattromilacinquecento! Mica bruscolini. Di queste, gran parte sono a pagamento (e quindi da evitare) il resto no. Tra queste ultime esistono, è vero, quelle ottime, composte da gente appassionata (sono soprattutto le medio/grandi e le piccole) ma anche qui c’è gente che NON capisce un’acca di libri. Limitandoci a quelle appassionate, va da sé che il Fattore C conti, ecco come. Poniamo che Dick e Howard siano troppo coscienti delle rispettive capacità e questo li porta a scrivere lettere di accompagnamento un tantinello eccessive. L'editor lo nota e si scoccia: perché uno che legge centinaia di robaccia al giorno, stanco, incazzato nero perché magari la moglie non gliela dà, dovrebbe leggere i loro manoscritti dopo aver letto un’autopresentazione che farebbe invidia a Botticelli? Questa è una regola che condivido: mai presentarsi come un novello Dante Alighieri, ma assumere sempre un'aria distaccata e dignitosa. La cosa cambia se i nostri autori facessero i lecchini (ma non c’è prova che lo fossero). E’ però incredibile quanta gente oggi lecchi, dimenticando dignità e capacità artistica nel cassetto. Senza il Fattore C e leccate a parte, i manoscritti dei nostri amici possono perdersi nei meandri della posta elettronica, in quelli cartacei della C.E. (che spesso non sa che farsene di quelle tonnellate di carte buone solo per il macero) o essere semplicemente sfortunati e andare dispersi. Il Fattore C serve anche per la scelta dell'argomento. Se ho scritto Ubik e lo spedisco una C.E. che pubblica SF potrei non essere accettato lo stesso, a parità di bellezza del mio col manoscritto di un altro autore, perché magari la distopia qui da noi è una bella sconosciuta e di conseguenza NON è apprezzata. So di agenti letterarie che non hanno mai letto nulla di Dick. Dico: PHILIP K. DICK, non Massimo Valentini. Come far loro capire che Ubik è genio diluito su carta? Quanto ai racconti beh, è un'altra storia. Qui da noi non vanno bene, non piacciono.
Io stesso mi sono stupito di come i miei libri abbiano venduto e vendano, limitatamente ai numeri, è ovvio. Ma prima di approdare alla mia Casa Editrice molte non mi hanno neanche consentito di spedir loro i testi proprio perché i racconti non sono di moda. E non importa quanto validi: non sono di moda, punto! Neanche la SF lo è. Questione di gusti, direte voi. Va bene, rispondo io, ma è anche questione di scarsa attenzione alla roba di qualità. Perché un romanzo scritto coi gomiti dovrebbe essere migliore di un racconto mirabilmente evocativo? E perché la SF dovrebbe essere meno del Fantasy quando invece lo guarda, diciamolo!, come Golia guarderebbe David? La conseguenza di tutto questo è che la gente, e quindi gli editor, vogliono spesso solo romanzi fantasy da millemila pagine! Ma Dick e Howard hanno scritto rispettivamente un romanzo distopico e racconti heroic fantasy bellissimi; Ubik, inoltre, è davvero particolare, però il suo incipit non è dei migliori. La frase iniziale conta moltissimo e decide spesso la possibilità che l'editor continui a leggere quel romanzo invece di un altro. Ma un editor ha tanto materiale da leggere e non perderà altro tempo a esaminare un romanzo che inizia in un modo a lui non confacente. Badate bene: non sto parlando di libri mediocri che iniziano con frasi mediocri. Parlo di libri OTTIMI che iniziano con frasi OTTIME ma sibilline. Molte C.E. poi, scelgono in base alla sinossi. E' questo il caso della Penna Blu Edizioni, ad esempio. E' un metodo per scremare i manoscritti che posso capire (il tempo è quello che è) ma diciamo che non va a vantaggio degli autori. Perché la sinossi di un Ubik sembra folle o perché quella dei racconti howardiani becera, e via così. E si buttano alla melma due tra le massime opere della narrativa fantastica di tutti i tempi.
"Invio il mio romanzo. Pubblicatelo!"
E c'erano gli ottimisti:
"Il mio libro è scritto col cuore e il sentimento che solo una ragazza come me è in grado di provare. Vi farà fare tanti soldi ma io mi accontento di una buona notorietà."
Ma anche, dulcis in fundo, i commedianti:
"Gentilissimi, vi invio come d'accordo il romanzo intitolato XXXX che tratta di un povero ragazzo che incontra una donna più grande di lui e finiscono a letto insieme. Non penso di essere un Leopardi ma sono giovane, so scrivere, lo dico senza falsa modestia, e penso di avere tutti i numeri per ben figurare come vostro autore. E magari, se proprio sarete così gentili da pubblicarmi, una birra ci scappa, dai!"
Le frasi che avete letto sono REALI, non inventate. E pensate che a me arrivava una piccola parte della roba da leggere... ARRGH!!!!! A essere precisi, però, arrivava anche roba buona, dannatamente buona. E infatti li ho segnalati per la pubblicazione. Un'altra categoria di roba che arrivava, ancorché NON pubblicabile a causa di evidenti pecche che oscillavano tra il grave e l'inaccettabile, erano i testi di persone che però credevano in quel che facevano. Erano questi i "clienti" più difficili perché, da una parte la loro insicurezza mi faceva simpatia ma dall'altra non potevo scendere a patti con me stesso. Così inventavo una balla con il capo e dicevo: "Guarda secondo me non è pubblicabile. Però non la spedisco io la risposta: tizia mi sembra speranzosa e anche se non ha talento pare animata da buone intenzioni. Rispondile tu!" Dobbiamo anche dire che un qualsiasi editor, anche di una major, è un essere umano e può anche andare per simpatie e antipatie, oltre che per gusti suoi propri. NON fate mai l’errore di considerare gli editor/editori come pozzi di scienza ed erudizione letteraria. Non sono più i tempi di una volta, con pochissime Case Editrici dove scrivevano in pochi e tra di essi non c'erano bimbominkia, veline, paparazzi, calciatori, cabarettisti, mignotte o perfetti idioti usciti da un reality. Oggi le C.E. italiche sono circa 4.500. Quattromilacinquecento! Mica bruscolini. Di queste, gran parte sono a pagamento (e quindi da evitare) il resto no. Tra queste ultime esistono, è vero, quelle ottime, composte da gente appassionata (sono soprattutto le medio/grandi e le piccole) ma anche qui c’è gente che NON capisce un’acca di libri. Limitandoci a quelle appassionate, va da sé che il Fattore C conti, ecco come. Poniamo che Dick e Howard siano troppo coscienti delle rispettive capacità e questo li porta a scrivere lettere di accompagnamento un tantinello eccessive. L'editor lo nota e si scoccia: perché uno che legge centinaia di robaccia al giorno, stanco, incazzato nero perché magari la moglie non gliela dà, dovrebbe leggere i loro manoscritti dopo aver letto un’autopresentazione che farebbe invidia a Botticelli? Questa è una regola che condivido: mai presentarsi come un novello Dante Alighieri, ma assumere sempre un'aria distaccata e dignitosa. La cosa cambia se i nostri autori facessero i lecchini (ma non c’è prova che lo fossero). E’ però incredibile quanta gente oggi lecchi, dimenticando dignità e capacità artistica nel cassetto. Senza il Fattore C e leccate a parte, i manoscritti dei nostri amici possono perdersi nei meandri della posta elettronica, in quelli cartacei della C.E. (che spesso non sa che farsene di quelle tonnellate di carte buone solo per il macero) o essere semplicemente sfortunati e andare dispersi. Il Fattore C serve anche per la scelta dell'argomento. Se ho scritto Ubik e lo spedisco una C.E. che pubblica SF potrei non essere accettato lo stesso, a parità di bellezza del mio col manoscritto di un altro autore, perché magari la distopia qui da noi è una bella sconosciuta e di conseguenza NON è apprezzata. So di agenti letterarie che non hanno mai letto nulla di Dick. Dico: PHILIP K. DICK, non Massimo Valentini. Come far loro capire che Ubik è genio diluito su carta? Quanto ai racconti beh, è un'altra storia. Qui da noi non vanno bene, non piacciono.
Esempio di Heroic Fantasy serio |
Esempio di... boh? |
Io stesso mi sono stupito di come i miei libri abbiano venduto e vendano, limitatamente ai numeri, è ovvio. Ma prima di approdare alla mia Casa Editrice molte non mi hanno neanche consentito di spedir loro i testi proprio perché i racconti non sono di moda. E non importa quanto validi: non sono di moda, punto! Neanche la SF lo è. Questione di gusti, direte voi. Va bene, rispondo io, ma è anche questione di scarsa attenzione alla roba di qualità. Perché un romanzo scritto coi gomiti dovrebbe essere migliore di un racconto mirabilmente evocativo? E perché la SF dovrebbe essere meno del Fantasy quando invece lo guarda, diciamolo!, come Golia guarderebbe David? La conseguenza di tutto questo è che la gente, e quindi gli editor, vogliono spesso solo romanzi fantasy da millemila pagine! Ma Dick e Howard hanno scritto rispettivamente un romanzo distopico e racconti heroic fantasy bellissimi; Ubik, inoltre, è davvero particolare, però il suo incipit non è dei migliori. La frase iniziale conta moltissimo e decide spesso la possibilità che l'editor continui a leggere quel romanzo invece di un altro. Ma un editor ha tanto materiale da leggere e non perderà altro tempo a esaminare un romanzo che inizia in un modo a lui non confacente. Badate bene: non sto parlando di libri mediocri che iniziano con frasi mediocri. Parlo di libri OTTIMI che iniziano con frasi OTTIME ma sibilline. Molte C.E. poi, scelgono in base alla sinossi. E' questo il caso della Penna Blu Edizioni, ad esempio. E' un metodo per scremare i manoscritti che posso capire (il tempo è quello che è) ma diciamo che non va a vantaggio degli autori. Perché la sinossi di un Ubik sembra folle o perché quella dei racconti howardiani becera, e via così. E si buttano alla melma due tra le massime opere della narrativa fantastica di tutti i tempi.
Moda & notorietà
Altro criterio per assicurare una pubblicazione è la moda & notorietà, ovviamente mediatica. Intendiamoci: non è cosa solo italica, come del resto testimoniano autentiche boiate che poco o nulla hanno a che vedere con i generi di cui tanto si vantano di appartenere. Basti pensare ai vampiri… E a proposito di vampiri, continuiamo col nostro esempio. I soliti Dick & Howard, superate le vicissitudini della sfiga (il famoso fattore C) diciamo che riescono ad arrivare agli occhi dell’editor. E diciamo anche (come sono crudele, eh?) che devono vedersela con nemici che a prima vista non sono un granché come rivali. Ed ecco che il nostro editor si trova a leggere una storia che vede gente in un mondo dominato da vari individui dotati di poteri paranormali, che si trovano a vivere in una realtà alternativa popolata da cadaveri ambulanti. Attraverso sofisticate tecnologie questi personaggi possono comunicare coi vivi per mandare avanti il business del loro capo. Il tutto condito da uno stile volutamente beffardo nei confronti dei media e della società occidentale. Poi legge una storia breve, un racconto, in cui un uomo d’altri tempi, un Puritano, deve vedersela con ogni sorta di mostri e demoni con l’autore che usa uno stile vivace e pittoresco forse, ma certamente crudo, davvero tanto crudo. Uh, che paura! Come faranno le delicate menti moderne a leggere di sbudellamenti e affini? La prima storia è SF nuda e cruda, potente, incazzata, viva. La seconda è Heroic Fantasy di prima qualità, ma ancora più cruda, quasi un manifesto alla potenza ancestrale di una società di guerrieri. Adesso voi potreste immaginare che gli avversari degni di cotanto storie sarebbero chissà quali personaggi e invece… e invece il nostro editor legge la patetica storia di una cretina adolescente capace di andare in brodo di giuggiole per il suo compagno di banco, il quale le rivela di essere un vampirello risplendente di glitter. Tizia e tizio si amano, ma poi appaiono il cattivaccio lupo mannaro e altri vampirelli che vorrebbero bere il sangue di lei. Alla fine l'amore trionfa e lui giura a lei amore eterno al ballo della scuola, il tutto narrato con uno stile imbarazzante anche per un'autrice da Harmony. Confrontare un Solomon Kane di howardiana memoria con l’Edward della Meyer sarebbe come confrontare Rambo con Fantozzi. E chi credete che la spunterebbe? Fantozzi! Perché le bimbominkia che hanno letto e apprezzato Twilight sono le stesse che potrebbero leggere, e quindi comprare, un’altra storiella simile, perché non conta il talento e neanche l’innovazione: conta quel che la massa, abituata dal marketing a leggere robaccia, richiede altra robaccia e il mercato è quella cosa che governa il gioco. Certo, Solomon Kane e Joe Chip (cioè Howard e Dick) sono più belli, scritti bene, esibiscono uno stile da urlo, sono ECCELLENTI, mentre l’altra è una storiella patetica scritta da una deficiente che magari si firma anche Dolce Dolce ’84. Ma vince costei! Ricordate che tra il rischio e la certezza vince la certezza. E se siete incazzati perché voi scrivete roba migliore sappiate che questo è il marketing, bellezze! Ed ecco che le Case Editrici, sì, anche quelle NON a pagamento, sceglieranno sempre la certezza costituita dai generi che certe Major hanno lanciato prima di loro sul mercato. Come una sorta di perversa catena di S. Antonio, la gente leggerà e vedrà sempre più film tratti dai libri di serie Z come questi e non da roba potente, scritte col cuore e il talento. E non dimentichiamo il Fantasy d’accatto, ovviamente copiato ispirato da Tolkien da una schiera di scribacchini costruiti a tavolino dalle major. Il risultato di tutto questo si legge su tantissimi forum popolati da aspiranti scrittori che parlano di come è bello scrivere di mondi emersi, eroine magrissime che frignano sempre, di come è intelligente il drago e di come sono gnokki i vampirelli. E quando poi alle presentazioni o su you tube si vedono gli editor parlare delle varie Troisi, Strazzulla, Paolini ecc li si vede presentati come autentiche nuove vette del Fantasy! Capito il concetto?
Moda 2: la vendetta dell'assurdo
Sempre parlando della moda editoriale, voglio evidenziare qui i pericoli di questa tendenza tutta italica. Non sono a priori contro le mode, però. Per esempio, oggi è di moda pubblicare gli autori scandinavi. Io stesso ne ho acquistati diversi romanzi (Larsson in primis) ma non li ho mai recensiti su questo spazio perchè, nonostante appaiano scritti bene, dopo un po’ mi annoiano. Questione di gusti, ovviamente. Voglio dire che da questo andazzo un lettore medio potrebbe anche scovare un libro di suo interesse, magari scritto da un autore che non si sarebbe mai sognato di leggere. Ciò che non ha senso è la moda dei minorenni alla penna, meglio se con qualche magagna esistenziale. La tendenza cominciata, se non erro, con Eragon, mi è cordialmente antipatica. Molti editor se ne escono attualmente con la perla radical-chic secondo la quale un ragazzo/ragazza di sedici anni, ma anche meno, avrebbe una fantasia freschissima e ancora “vergine”, terra di conquista se si vuol scrivere un Fantasy coi fiocchi. Guardate, non sto colpevolizzando né i ragazzini che hanno il sogno di scrivere né il Fantasy. No! Colpevolizzo gli avvoltoi mediatici delle Case Editrici che sparano cavolate a raffica con la certezza di passarla liscia. Basta guardare alla storia per rendersi conto di quanto sbagliate siano queste frasi. Come tanti autori che solo in seguito sarebbero stati riconosciuti per quei grandi maestri che erano, Lovecraft cominciò a scrivere in tenera età. E infatti si vede: basta leggere i primissimi racconti come L’alchimista per sapere che NON erano pubblicabili. Non basta avere fantasia da sedicenne o tredicenne (e perché non da dodicenne?) serve anche l’esperienza. Pensiamo a Machen, a Dunsany allo stesso Tolkien. Ma ciò che davvero mi fa uscire dai gangheri e l’ultima trovata degli editor riassumibile così: “sbatti il caso umano sulla copertina e fai il botto!” Becero seguace dello sciacallaggio mediatico, con tanto di dame dalla pseudo lacrimuccia facile televisive, che a quanto pare ha fatto scuola. E si sa, se i programmi della D'Urso sono seguitissimi, se i vari Vespa pontificano di povere ragazze morte, se fior di orride interviste ad assassini o presunti tali si moltiplicano perchè seguitissimi da un pubblico attratto dal morboso, perché non fare la stessa cosa nei libri? Presente il ricordo del libro della Franzoni? Ecco, appunto. Questa e altre perle degli editor nostrani sono tranquillamente elencabili tra le sciocchezze propinate a destra e a manca. Su tali idiozie, descritte in toni un po' pittoreschi, hanno anche scritto saggi (come potrete leggere su questo sito).
Copertina a caso del prossimo Fantasy italian style |
La conseguenza di tutto questo è che mentre c’è gente che pensa, come il sottoscritto, che la gavetta conti, dall’altra c’è chi questo stato di cose lo ha saltato a piè pari. Pensiamo ai romanzi della Panariello. (Di lei si parla ovunque ma penso che qui sia descritto molto bene il panorama della situazione). La morale è una sola: se vuoi pubblicare qui da noi con grandi realtà allora ti servono i quattro fattori di cui sopra. E il talento? Beh, quello è come l'arte di cui Wilde, anche se per ben altri motivi ci ha regalato una splendida e profetica definizione: "Tutta l'arte non serve assolutamente a nulla"! E infatti, almeno tra la maggioranza dei titoli italici, non c'è!
Massimo Valentini