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sabato 23 ottobre 2010

Il delicato lavoro dell'esordiente



Essere uno scrittore esordiente è un bel sogno ma per renderlo realtà dobbiamo cercare di essere più realisti possibile. Tanto per cominciare è bene non puntare subito il dito contro la pubblicazione sul web perché spesso è il solo modo a disposizione degli aspiranti scrittori per farsi notare. E non serve osservare come i libri “reali” siano cartacei in un’epoca dove gli e-book stanno incontrando quote di mercato sempre più favorevoli, fermo restando che anch’io considero “libri” solo gli oggetti che posso toccare e soprattutto sfogliare. Il panorama editoriale nostrano è complesso e variegato, non sempre logico. Voi sapete della sterminata messe di Case Editrici oggi esistenti che rispondono a un bisogno tipicamente italico che poi è quello di scrivere e farsi pubblicare. E’ un dato di fatto come lo è anche l’amara constatazione che esistono più scrittori (o aspiranti tali) che lettori. A volte qualcuno dice che i libri si vendono, e bene, ma dobbiamo anche guardare quali libri si vendono. I romanzi di qualità esistono ancora oggi (Dio sia lodato!) ma una quota significativa la fanno altri titoli; da quelli commerciali ma piacevoli a quelli molto, molto, molto… ma molto commerciali sui quali sorvolo per carità di Patria.  Chiunque sia animato da proposito “nobili”, ovvero scrivere e non solo pubblicare per farsi notare, deve comunque affrontare un percorso che quasi mai lo vedrà primeggiare per vendite e notorietà. Se il nostro neofita, che non ha mai pubblicato, scrivesse da una vita e volesse provare a pubblicare cosa potrebbe fare? Esistono diverse soluzioni, tutte più o meno valide, da scegliere con attenzione. Il web è sicuramente l’opzione più semplice ed economica, alla portata di chiunque disponga di una connessione alla Rete. Esistono tantissimi forum di esordienti\emergenti con cui confrontarsi e scambiarsi idee, opinioni, e di cui leggere e farsi leggere. E’ sicuramente un confronto costruttivo e non è detto che non possa portare a qualcosa di buono. Certamente consente al nostro amico di uscire dalla propria “solitudine scrittevole” e migliorare così il proprio stile. Un’alternativa è il Print on Demand (POD) che a costi estremamente limitati consente a chiunque di “costruirsi” da sé il proprio libro. Per saperne di più basta curiosare in rete e scopriremo una quantità di siti che propongono varie soluzioni a costi competitivi. Alcune di queste soluzioni prevedono anche il ricorso al codice ISBN che rende il libro del nostro amico un’autentica pubblicazione. Il lato oscuro di tale soluzione? I POD accontentano tutti  quindi oltre al nostro esordiente (diamo per scontato che sia una persona di talento) ci saranno altre persone convinte di essere promesse inascoltate dell’editoria mondiale. Sconsiglio invece il ricorso a una Casa Editrice a pagamento: se il tuo scritto vale e soprattutto se ci credi veramente dovrai armarti di santa pazienza e cercare quelle realtà editoriali che pubblicano senza chiedere soldi. Aggiungiamo poi una nota importantissima: il primo libro non sarà mai un successo (non consideriamo chi arriva al successo planetario in Italia col primo lavoro. In quel caso esistono dinamiche complesse che non staremo qui a discutere) e certo avrà poche possibilità di arrivare in libreria. Può piacere o meno ma questa è già una forma di selezione e quindi servono altri libri (dal secondo in poi sei classificato come un emergente) e molta passione. Ricordate poi che un cv degno di nota, per un editore serio, è anche pulito da realtà editoriali a pago. Questo vuol dire che farsi pubblicare pagando, per troppa fretta, non è sempre visto di buon occhio da un editore che invece non chiede nulla se non la qualità per pubblicare il tuo romanzo. Esistono poi Case Editrici a doppio binario, cioè che scelgono se chiedere contributi a seconda di criteri quali commerciabilità, genere e altri dettagli delle opere esaminate. In questi casi seguono una linea editoriale che le porta a vagliare le opere arrivate ma a giudicare di volta in volta se convenga investirci o meno. Non crediate, inoltre, che una Casa Editrice “debba” sempre trovare il romanzo “giusto” tra il macello di manoscritti che arrivano in redazione. Si tratta di esseri umani non di macchine. (Ricordate che in media anche una piccola realtà editoriale ogni giorno è bersagliata da quattro\sei manoscritti. Fate un po’ voi…) Esistono poi Case Editrici completamente free, realtà valide in un casino nucleare come quello italiano; sono Case Editrici piccole o medie (escludo le majors che, anche se son gratis, sono un mondo a parte) che sono animate da passione e spirito critico notevole e non crediate che l’essere piccole le “risparmi” dal dover esaminare autentici svarioni, che poi costituiscono la maggior parte del materiale che arriva in redazione. L’ascesa del nostro amico è difficile e irta di ostacoli. Solo la passione può aiutarlo a ignorare le allettanti offerte di visibilità da parte di chi vuole un assegno circolare. Quanto a me, ho inciampato diverse volte, come tutti, ma non ho mai voluto né pubblicare a pagamento né sul Web. Primo perché pubblicare a pagamento non mi darebbe l’impressione di pubblicare (ho scritto un libro e allora? Se paga lo scrive anche il cane del mio vicino!) e secondo perché mi piacciono i libri cartacei, ma non perché nutra avversione per la Rete. “Alfa e Omega” fu una pubblicazione casuale che andò abbastanza bene per essere il primo libro di un esordiente e per di più una raccolta di racconti. Un genere che nel Paese delle Carrube non è mai di moda (gente strana, siamo…). Non credo abbia mai venduto più di un trecento copie nel complesso ma fu un buon risultato. Caliamo invece un velo pietoso per “Ultima Thule”. Considero questo romanzo molto valido, genuinamente basato su una storia vera e con un tocco di Fantasy limitato al necessario. Chi lo ha letto, e son pochi perché praticamente non fu distribuito (altra cosa che capita all’esordiente) ha sempre considerato quel romanzo piacevole. Ma nonostante le qualità (e vi assicuro che chi lo ha letto, oltre voi, non erano amici!) quel libro restò vittima innocente di questioni logistiche che hanno dell’assurdo! Ed è proprio per questo che l’ho proposto a una valida Casa Editrice, molto competente e seria, ora che i diritti sono di nuovo miei. Non faccio nomi perché ancora non conosco l’esito della selezione ma vi assicuro che si tratta di un’ottima realtà e quindi so per certo che il mio manoscritto sarà letto da gente competente. Una precisazione: spesso si parla molto della selezione fatta da una Casa Editrice. Ebbene a volte, mi scuserete, si parla troppo di qualità intesa come Qualità Assoluta, intendendo con tale affermazione che un libro valido sarà sempre pubblicato. Non è sempre così e non voglio parlare delle ciofeche uscite dai reality o roba simile, ma di libri anche commerciali, ma piacevoli. Ricordate che una Casa Editrice è prima di tutto impresa e come tale deve sopravvivere.


Una buona Casa Editrice valuta i manoscritti dal punto di vista qualitativo assoluto e da quello commerciale. Ricordiamo anche il fattore “gusto” perché un Picasso è un Picasso, ma se a me non piace posso non pubblicarlo. Tanti editori evitano di pubblicare un libro magari valido ma NON commerciale. E’ un ragionamento sensato. Altri potranno invece pubblicarlo, ma sanno già che non possono aspettarsi molte copie se non è un nome noto, e quindi pubblicheranno anche libri piacevoli ma assai più commerciali perché consentono, con le vendite, di contribuire a mandare avanti la baracca. Per esempio, diverso tempo fa lessi la mail di una Casa Editrice che rifiutò “Quattro Ombre Azzurre” non per la qualità intrinseca del materiale, ma perché si trattava di racconti e i racconti NON sono vendibilissimi da noi. L’amarezza c’è stata ma ho inghiottito il rospo soprattutto perché il responso era più che buono! Però so per certo che quella Casa Editrice ha letto il manoscritto e lo ha valutato di conseguenza. Il suo è stato un discorso commercialmente valido, ha speso del tempo per valutare la mia roba e ne ha apprezzato i punti salienti. Non posso quindi recriminare su una scelta del genere, a parte inveire contro il mercato, s’intende. Ma il mercato è un’entità strana che dipende da troppi fattori. Il discorso su “Primus” è giocoforza diverso. Si tratta di un romanzo complesso, assolutamente inedito, Fantastico, e decisamente sofisticato, almeno per le mie umili possibilità. Un romanzo che richiede un lettore attento perché costruito con un’attenzione al dettaglio maniacale. E’ ovvio quindi che il mercato per un romanzo del genere, se sarà ritenuto valido, è quello tipico dei lettori che esigono romanzi che facciano riflettere e che siano allo stesso tempo divertenti da leggere. “Primus” è in pratica “dedicato” a quel pubblico amante dei libri di un certo tipo, di quelli che ti fanno sognare ma anche pensare, e magari da rileggere e rileggere perché ti appassionano. (almeno, io spero che questo romanzo susciti tale attrazione!) E’ stato proposto a una Casa Editrice molto valida, molto seria,  molto esigente. E’ una Media, con una buon rosa di opere dello stesso livello (sono immodesto eh?) e che pubblica anche Fantastico. Attualmente è in valutazione e ne saprò l’esito tra dicembre e gennaio. Quanto a pubblicarne uno stralcio non è proprio possibile. Il romanzo deve essere assolutamente inedito fin nei minimi dettagli. Ma quando conoscerò l’esito sarete prontamente informati. Tornando al nostro amico,  se il suo romanzo è valido, potrebbe già considerarsi fortunatissimo ad averlo proposto a una realtà magari piccola ma onesta: il libro sarà letto ed esaminato comunque. Certo, se però  dopo tre anni il tuo libro è stato scartato da decine di editori forse sarebbe il caso di migliorarlo…  E un discorso del genere, mio buon amico, dovrai farlo anche tu. Se ti va di pubblicare sul Web fallo pure. Non è una scelta sbagliata ma, appunto, una scelta.



Ultimo appunto: è vero che alcune Case Editrici non pubblicano roba già apparsa on-line. Ed è questo il fattore che ho considerato quando scartai a priori la pubblicazione di storie indite sul web. Ma ciò non vuol dire che scrivere lo stesso piccoli racconti per confrontarsi con persone diverse non sia una scelta valida. A te la scelta, caro scrittore in erba e, soprattutto, in bocca al lupo!



Massimo Valentini   

venerdì 24 settembre 2010

Le mie parodie: Biografia di me medesimo




Incolti e ineruditi lettori, come voi ben sapete leggo sempre con vivo interesse i vostri commenti che trovo sempre gustosi e arguti ma, visto che ultimamente sto scrivendo post un tantinello incazz… ehm, SERI, penso che potrei permettermi senza dubbio un po’ di fine auto-umorismo. Sono felicissimo che esista un piccolo fan club a mio nome e che, addirittura, alcuni di voi abbiano scritto una tesi sui miei modesti lavori pubblicati. Senza parlare della canzone ispirata al mio racconto “Logica di mercato!”. Grazie, grazie e ancora grazie! Ormai mi seguite da un po’ e quindi sapete che, scrittura “seria” a parte, sono anche un po’ ironico (per non dire proprio bastardo) ragion per cui ho pensato: cosa accadrebbe se il sottoscritto, tra circa duemila anni fosse (per caso) ricordato dai posteri? Ed ecco qua, tratto fresco fresco da Da Tikkio-sui-pedes (l’Enciclopedia dei Nerds) cotanta biografia letteraria:

Massimo Valentini (Max Valantain per i british)

Nato a Svervegia nel 1973. Fin da piccolo mostrò una spiccata attitudine alla scrittura scrivendo sui muri della scuola: “la maestra è nà rompiballe, io NO! La maestra è nà rompiballe, io No! La maestra è nà rompiballe…” e via di seguito. Vinse il premio “Bambino Scrittore Prodigio” che lo promosse in quinta elementare senza bisogno di sostenere gli esamini. La famosa frase del film “Blade Runner” che recita “Ho viste cose che voi umani non potete neanche immaginare” in realtà la coniò lui dopo aver visto per la prima volta qualche foto di un gruppo di alieni (politici italiani) impegnati in un comizio elettorale. Si narra che il celebre scrittore Philippo Che Kappa Diko gliela rubò durante una visione mistica dovuta a un momentaneo consumo di mezzo chilo di anfetamine. Valentain scriveva per divertimento, aggratis, ma fu anche giornalista, opinionista tv (in reti di altissimo livello quali Rete Fantasma e Italia 8 per Mille) Puliscigabbie Bilaureato in un negozio di bestie (no, non era il Parlamento italiano, tranquilli) Divulgatore e, badabem, badabim, badabam, anche Agente Segreto Esperto in Tattiche Militari. Famosa la sua missione, da cui trassero un film sulla sua vita, “Agente Penna Scarlatta: Licenza di scrivere”.  


Dopo aver vissuto come Scrittore Fantasma fino all’età della ragione (diciotto anni, sei mesi, venti secondi e… ma quante ne volete sapere!!!!) si rese conto di scrivere meglio di evidenti Teste di Cocco come i vari Falsetti, Smocciolo, Freyer e Involo e quindi decise di scrivere le proprie ciofeche sotto il suo vero nome. Secondo il sacro testo della nota esperta letteraria Prof.ssa Grand Expert, Illuminat, La Pisana,  nota lettrice di Libri della Madonna, sua attuale biografa, fu un genio talmente incompreso da mandare da uno psicologo il suo stesso psicologo che cominciò a chiedersi “Ma io cosa ci faccio qui se Valantain dice che non esisto? Boh!” Viene ancor oggi ricordato con affetto da una miriade (una decina più o meno) di fans che dichiarano di avvistarlo, moderno Elvis degli Scrittori, in posti come Metropolis o Mc Donalds, note librerie del Sud.


Opere:

Prima Generazione

1.1 Alfa e Omega (trattato religioso)

1.2 Ultima Thule (ma anche la Prima)

1.3 Quattro Ciofeche Azzurre

1.4 Sulle ali di una Gnocca

1.5 Gabbiani sulle Stalle

1.6 Antartide? Non ci vado, grazie! (non accreditato)


Seconda Generazione

1.1 Secundus (il primo mi è piaciuto)


Nota: di questa generazione esisterebbero altri libri ma sembra siano ancora segreti e affidati alle capaci mani degli esperti avvocati dello studio “Trangugia & Divoora” che intendono utilizzarli allo scadere di ogni millennio come le profezie di Nostradamus

La debilitante dipendenza da una forma di droga chiamata “Pizza”, sostanza stupefacentemente buona di cui, pare, fosse ghiotto, lasciò a Valantain numerosi strascichi, tra cui va ricordata la tendenza a rimanere immobile a guardare il Vuoto per ore seduto davanti a un foglio bianco sotto influsso religio-scrittoriale da Visione Pre-Descrittiva, mentre nella sua mente geniale si formava l’immagine di una Scimmia che sbatteva ripetutamente due piattelli, simbolo della sua altissima capacità artistica. Giova ricordare che tale capacità, da alcuni definita “Dello Sguardo Fino”, gli fornì anche un occhio disincantato con cui guardare la realtà del suo tempo (da lui definita Realtà di Merda), immaginare ogni genere di torture ai danni dei bimbominkia e uno stile della Madonna. Per esempio, è famosa la teoria del Dr. Yo-lo-so-e-tu-no, scienziato sino-pakistano-russo-giapponese, che affermò che leggere un libro di Valantain equivarrebbe a sperimentare visioni misticheggianti dovute alla sua intrinseca perfezione. Sua fu,  l’idea della “Oloterapia di tipo Z-eta”, descritta per la prima volta nel suo racconto breve “Logica della Sagra” che consisteva nell’immaginare una tortura per chiunque leggesse, e osasse apprezzare, storielle di Vampiri Bimbominkia e zoccolette quattordicenni arrapate da pedofili quarantenni. L’idea in questione si basava su un complicato macchinario di stimolazione mentale teso a dotare di almeno un singolo neurone il cranio di tali individui. (notoriamente adibito a porta-oggetti di robetta fashion come i preservativi di Hellò Checcha) Nonostante la magnificenza di questo racconto, l’esperimento fallì. Valantain fu anche invidiato, quando ancora non era nessuno, da colleghi di lavoro particolarmente mattacchioni, semplici coglioni, femmine isteriche, e depravati bisessuali. Costoro, plurilaureati in Dementologia Applicata presso l’Università della Pastetta di Svervegia, cominciarono a tentare di sedurlo prima e criticare poi per nascondere la loro pochezza in campo sessuale e lavorativo. Nota l’eclettica ma posata risposta del Genio Valantain a tali individui: “Ma annate a Fanc!” poi copiata da altri suoi Veri Colleghi che la immortalarono per i posteri nelle rispettive opere. Ivano Il Terribile 32°, scrittore specializzato in Angeli, Demoni & Pipistrelli, descrisse efficacemente tali individui nel suo magnifico romanzo “Cronaca di una Gitarella Infernale” dove immagina tali biechi deficienti impegnati a inghiottire lo stesso sterco che produssero in vita carezzati con nerbate sulla schiena da Caronte. Quando ormai il Nostro Genio si apprestava a pubblicare il suo “Gabbiani Sulle Stalle” il sempre più nutrito gruppo di fan, ormai ingranditosi di un paio di persone, chiese a gran voce nuove rivelazioni sul capolavoro di quel periodo: “Secundus”, romanzo considerato dal Genio in persona come facente parte della sua Seconda Generazione perché assolutamente diverso dai primi libri. A proposito di tale libro, letto e approvato dalla giornalista Antonella Nerazzurra, sua gloriosa fidanzata, i critici sono in dubbio su come classificarlo. Secondo i fan sarebbe il capolavoro del millennio, secondo i critici la prova evidente di una sospetta demenza senile. Comunque i libri seguenti, alcuni dei quali appartenenti alla Seconda Generazione e altri no, risentirono del nuovo stile valentiniano. “Secundus”, però, fu ferocemente stroncato dal critico Marcantonio Baciapile. I fan di primo pelo si dissero disgustati dall’atteggiamento della critica che approvava le scorregge, pardon, i libri di teste di rapa colleghe di Baciapile e oscurava Valantain. In realtà, come fu poi appurato dalla Central Intellingence Agency (Agenzia dell’Intelligenza) della Yankee University, si trattava di un complotto ordito da tutti coloro che, non sapendo scrivere uno straccio di racconto che non contemplasse le solite lesbiche, minchioni e poesie defecatorie alla moda, consideravano il materiale del Nostro come sovversivo.




Vita & Miracoli

“Secundus” inaugurò comunque il periodo d’oro del Nostro Autore (affettuosamente ribattezzato dal suo Comitato di Lettrici “Fedewichi, lo scrittore che sa tutto tranne lo sport e le parole in dialetto”. Tra l’altro il comitato in questione fu istituito per impedirgli di commettere adulterio con la propria Musa Ispiratrice Extraterrestre, Gnocca Da Althaira). Infatti in un impeto di Estasi Artistica, Valantain scrisse altri romanzi, assolutamente misteriosi, che diceva dovevano portarlo per la manina a comporre il suo “The Ultimate Romance”, impressionante Super Romanzo Di Tutti i Santi che lo avrebbe consacrato alla Gloria Eterna nell’Olimpo degli Scrittori Superfighissimi. Nessuno ne sa ancora niente ma è prevedibile che, dato il suo continuo riapparire sotto gli occhi dei fan qua e là, Valantain sia vivo e vegeto e continui a scrivere come un forsennato. Intanto “Secundus”, innovativo romanzo impastato di Arte dalla prima all’ultima parola, sembra possieda proprietà mistico-ipnotiche capaci di cambiare all’istante una capra in un lettore colto. Bollato come sovversivo dai soliti baciapile Italioti resta comunque, al pari di tutte le sue opere, un romanzo di nicchia perché comprensibile solo dagli individui, umani e non, con un briciolo di intelligenza nella capoccia. Il libro è infatti talmente misterioso per i non Iniziati da fornire materiale altamente speculativo a tutti i geni letterari di tutti, ma proprio tutti, i tempi. (una leggenda metropolitana dice che il famoso fascicolo de “La settimana Enigmistica” prese spunto da “Secundus” per comporre le sue note parole crociate). Il libro è sempre un successo planetario, al momento dsitribuito in America dalla Casa Editrice Black Holes la cui direttrice Editoriale, Jenna Jameson, ha deciso di distribuirlo nel Gotha di qualsiasi opera d’arte mondiale: i bagni degli autogrill.



Frasi celebri di Valentain:


“Amo i miei personaggi. Per questo cerco di escogitare  per loro delle vite di merda!”

“Dio esiste ma non è qui. Altrimenti perché mai avrebbe permesso che la stampa girasse su carta così scomoda da usare al posto della carta igienica?”  
“Per il mio racconto ‘Il Mondo delle Zoccole’, ho pensato a un imperatore alieno di nome ‘Papi’ che inventa ginoidi difettose modello ‘Papy Girls’, che invece di restare nei bordelli se ne vanno a zonzo a pontificare di stronzate nella stanza dei bottoni. Il racconto piacque molto alla mia editrice americana, Jenna Jameson, che infatti lo usò per i suoi spettacoli di profonda erudizione carnale nei cessi degli autogrill.”



Curiosità:

“Secundus” è un chiaro romanzo sperimentale. Si vede chiaramente dal fatto che un lettore plurilaureato ad Harward non ci capisca una mazza. Intervistato sul fenomeno, Valantain avrebbe risposto: “Neanch’io!”

Molti dei racconti di Valantain e dei romanzi sono stati adattati al mondo cinematografico. Tra questi:

“La Donna che s’incazza nel vento” di Ronald Ecchecatz, in cui uno scrittore frustrato, Mister M, se ne va in Norvegia per non sentire gli strepiti della fidanzata incavolata del fatto che lui vuole scrivere anche sulla carta igienica nei momenti… intimi.

“Il mare della smemorata” di Giovanni The Carpenter: La storia di un vecchio rimbambito che torna ai luoghi della sua adolescenza per ricordare dove aveva nascosto, a dieci anni, la sua prima raccolta della rivista porno “Le Ore”.

“Antarctica”, di Giames Camerone, regista Italo-Americano che narra di un tizio alla ricerca della “Luce Ineffabile”, la gnocca.

“Logica da Mercato”, per la regia di Christian De Sica. In questo film si parla di tette, culi e delicatissime battute dichiarate ARTE VERA dal ministro della (D)Istruzione Sandrocchio Botondi. In esso un commesso fissato col bel canto passa il suo tempo al mercato tra vacche convinte di saper cantare e intelligenti veline senza cervello.


Dicono di lui:


Secondo il critico gay texano Nembo The Blowjob, docente di Letteratura Moderna e Psicosi omosessuale all'Università del Dick, Valantain era "uno scrittore che sapeva scrivere in perfetto italiano, ma con l’alloro in testa. Nel complesso, un pezzo di gnocco!”

Di diverso parere il suo collega tedesco Max Von Tamar, eminente esperto che scriveva, previo scongelamento dei suoi tre neuroni, sul giornale alternativo “Stronzate Quotidiane”. “Valentain era un coglione che scriveva senza mai capire un cazzo di niente. Ecco, si quella è una sua foto. Porco cane, ma quello è uno specchio!”

Rincara la dose l’esperta letteraria Giuly Gardaland, docente di Alfabetismo Orale e Sesso Prepuziale dello studio di ingegneria “Such – a - dick, di Londra: “Max Valantain era in grado di farmi venire le mestruazioni solo a vederlo. Certo, certo, è l’autore che più mi è piaciuto. Infatti lo odio, porco Kairos, se lo odio!”

Al momento i fan sono in estasi mistica in attesa di rivederlo per fargli foto, scrivere sul suo blog misteriosamente attivissimo, e raccontare dei Misteri Mariani della sua ubicazione castroliberese o saporitana.



Massimo Valentini



giovedì 3 giugno 2010

Primus, l'uomo che sognava di vivere



 
Buongiorno a tutti voi e ben ritrovati su questo blog. Devo comunicarvi due novità ed entrambe sono piacevoli. Intanto, la direttrice della rivista “Il Giornale dei Misteri”, la dottoressa Francesca Vajro, ha dato disposizioni affinché il mio nome, che compare nell’elenco degli Autori sul sito apposito del mensile, sia collegato direttamente a questo blog. Ciò significa che chiunque visiti l’area virtuale del giornale e scorra la lista degli Autori potrà, cliccando sul mio nome, arrivare anche qui. Forse per voi è una piccola cosa ma per me rappresenta un gradino in più a disposizione dei miei lettori in generale. Senza contare che per me “Il Giornale dei Misteri” è la rivista cui desideravo collaborare da… 18 anni (e non sto scherzando)! L’altra notizia riguarda direttamente la mia Seconda Generazione. Uno dei romanzi che la compongono, quello finora noto come “Attimi senza Fine”, cioè il secondo della serie, è arrivato in pole position sul podio del completamento. Proprio in questi giorni è sottoposto alla quarta stesura (un controllo di struttura, scorrevolezza, refusi e trama) e poi sarà consegnato ufficialmente al comitato di lettura affinché dia il proprio “nullaosta” che lo certifichi come pronto a spiccare il volo. Il titolo definitivo è quello che da… il titolo a questo stesso post: “Primus, l’uomo che sognava di vivere!” Come detto in precedenza, si tratta di un romanzo inusuale, almeno nella mia produzione che a suo tempo ho spesso definito “dickiano”. Lo è, senza dubbio, ma è molto “mio” come del resto è naturale. Gli altri tre romanzi sono in vari stadi di progetto e/o scrittura e presto inizierò la stesura del terzo. Per il momento, questi tre restano top-secret! Primus, invece, esce adesso dall’ombra e pur essendo il secondo della serie vedrà la luce per primo. E’ il libro che inaugura un corso nuovo di zecca della mia narrativa. Difficile ascriverlo in qualche genere. E’ distopico, fantastico e molto noir su certi aspetti. Il suo senso è nascosto ma, come vi ho già detto, si basa sul mio racconto “Althaira”, che ne è infatti una delle protagoniste femminili. Prima che poniate le vostre domande, eccovi una serie di curiosità:

 
Dimensioni: Lunghezza 322 pagine formato A4, circa 600.000 caratteri. Una volta pubblicato (sempre se verrà pubblicato!) potrebbe arrivare a 400 pagine di libro. E’ il solo romanzo, per adesso, con una nota dell’Autore che ne costituisce parte integrante, scritta prima ancora di cominciare materialmente la stesura. I personaggi si dividono in esseri senzienti umani e non. Eccovene una lista con i nomi autentici:

 
Esseri senzienti di natura umana

 
Primus

Jack.

Richard

Mattew Parson

Leyla

Veronica

L’Altro



Creature archetipiche:

 
Althaira

Lei

La Guardiana

Veronica

Leyla

Istanti di Tempo



Personaggi storici o comunque reali che compaiono a vario titolo:

 
Richard Nixon

Bush senior

Hitler

Stalin

Giovanni Paolo II

Rita Levi Montalcini

Marx

Laplace

Einstein

Bonaventura

Eriugena

Sant’Agostino

Il resto del mondo (no, non è uno scherzo)


Personaggi dei fumetti:

 
Felix il gatto

Topolino


Per la sua struttura distopica è ascrivibile al Fantastico Puro sulla falsariga della narrativa dickiana, senza alcun dubbio, ma se ne discosta (intanto perché io non sono a livello di Dick, ovviamente) per essere molto “mio”. Come detto per certi versi somiglia a un noir. Come già il racconto “Althaira” l’universo descritto dal testo prevede un cenno a qualsiasi cosa da me scritta finora, pubblicata o no.


Fruibilità:

 
Per questo romanzo non è possibile rivolgermi alla 0111 Edizioni, ma non mi soddisfa più, anzi! E’ la Casa Editrice che possiede il mio rispetto per il lavoro serio che da sempre la caratterizza e infatti “Gabbiani delle stelle” e “Il Cigno e altri racconti” porteranno il suo marchio (sempre se la direttrice confermerà i progetti). Il motivo per cui “Primus” dovrà altrove riguarda le sue dimensioni: 600.000 caratteri eccedono le linee editoriali della 0111 per motivazioni di costo. Inoltre è possibile che mi rivolga a un'agenzia letteraria prima che a una Casa Editrice, vedremo! Nel frattempo il comitato di lettura passerà al setaccio ogni frase per verificarne l’assenza di errori e per avanzare note, proposte, commenti. E’ il primo dei romanzi per cui mi affido a un notaio per la sua protezione. Per esigenze editoriali (e personali) NON E’ possibile postarne stralci. Eccovi, però, uno stralcio delle note dell’Autore:



“…questo volume non è un prodotto commerciale, ma un bisogno, il mio, e pertanto mi assumo tutte le responsabilità del caso. Di averlo scritto, di averlo sentito, di averlo sofferto sulla mia pelle giorno per giorno. Perché questo libro è vivo. Ogni pagina trasuda sangue, incoscienza, sofferenza, follia e sudore. Ogni pagina trasuda vita. Quella di una persona che vive in un mondo profondamente mutato negli ultimi decenni. Un mondo che non solo vive nella paura, ma la fomenta, la vezzeggia, perfino. Un mondo dove il marketing dice all’uomo medio di che cosa ha bisogno, di che cosa ha paura, che cosa pensare. Un mondo di bambole che credono realmente di essere autonome…”



Davvero, per il momento non posso dirvi di più. Intanto, come sempre, vi invito a lasciare i vostri commenti!



Massimo Valentini


venerdì 28 maggio 2010

"Le pagine della nostra vita", recensione film e romanzo





Visto che ne avete fatto richiesta ho deciso di postarvi la recensione del romanzo “Le pagine della nostra vita” di Nicholas Sparks. Chi scrive ha visto anche il film tratto dal libro e quindi penso proprio che sarebbe simpatico fare una comparazione tra tutti e due. Intanto cominciamo a dire che si tratta di uno dei pochi casi in cui, a mio parere che confesso umile, la pellicola supera l’opera scritta. Dico così perché il film del regista Nick Cassavetes, benché non sia certamente un capolavoro del genere narra comunque le vicende dei protagonisti in modo vincente restando fedele al libro. Partiamo da quest’ultimo…

Lo stile di Sparks è fluido, adatto a un pubblico variegato sia per la semplicità dei vocaboli usati sia per la comprensione della storia in generale. Questo pregio non deve sorprende, essendo l’autore uno scrittore di best seller che per loro stessa natura devono sottostare a rigide regole espressive imposte dalle stesse case editrici. Per esempio nel caso di una storia dallo stile complesso non è infrequente la possibilità che in sede di editing venga reso comprensibile a un pubblico più vasto possibile. Il rovescio della medaglia nel caso di simili strutture nerrative è che presentano purtroppo molti punti  dove la narrazione appare fin troppo schematica. Tre esempi:




“So quello che provi. L’ho sempre saputo. Infatti da allora si è creata una certa distanza
tra me e mia madre” .

 

“…ma al tempo stesso si rese conto che non sarebbe mai accaduto perché ora Allie era fidanzata. Allie capì da quel lungo silenzio che Noah stava pensando a lei e ciò la riempì di una sconfinata gioia”.


“Noah preparò la prima colazione mentre Allie dormiva ancora nel soggiorno… (…)
Subito dopo aver mangiato fecero l’amore di nuovo. Un amplesso violento, la conferma di quanto avevano sperimentato la sera prima. Allie arcuò la schiena e lanciò un grido nel momento finale del piacere, poi cinse Noah con le braccia e ricaddero ansimanti, esausti”.


Questo tipo di scrittura è usuale nella narrazione seriale che poi è quella tipica dei best sellers, libri cioè, che devono piacere a un pubblico più eterogeneo possibile, ma che potrebbe far storcere il naso al lettore più attento a una narrativa più sofisticata. Che dire? Nel complesso "Le pagine della nostra vita" è un buon romanzo, ma non raggiunge i livelli di "Rebecca" di cui abbiamo parlato qualche post fa. Ricorderete infatti la mia distinzione tra romanzi 'corposi' e i best sellers con la mia preferenza che va decisamente verso la prima categoria anche se, nel complesso, i libri di Sparks sono sicuramente godibili e non pretenziosi. Il film tratto dal libro ha tra i pregi quello di una buona aderenza complessiva alla storia, una discreta recitazione e soprattutto, lato che a me è piaciuto di più, una più profonda visione emozionale dei rapporti tra i due protagonisti. Bellissimo il finale che risulta estremamente intenso e narrato in modo particolarmente delicato. Anche i rapporti intimi tra i due sono girati con un’attenzione particolare alla delicatezza visiva. Nel complesso quindi il film supera largamente il libro e gli assegno un 10 pieno, mentre al libro va un voto discreto. Naturalmente questo è un parere personale e se qualcuno di voi lo ha visto o letto può benissimo esprimere le proprie considerazioni in merito. Per concludere, Sparks si conferma un autore godibile e fluido, divertente e poco impegnativo però...
Beh... Diciamo che se volete stringere la mano alla persona che amate e chiudere gli occhi abbandonandovi alle vostre sensazioni più intime potreste vivere sensazioni più belle guardando il film. Alla prossima e, come sempre, continuate a seguirmi!



Massimo Valentini

giovedì 22 aprile 2010

Risposte





Siori e Siore eccomi a voi per un nuovo post e a grande richiesta risponderò ai quesiti che mi avete gentilmente fatto. In realtà avrei voluto parlarvi de “L’uomo nell’ombra” il film che ho visto di recente. Ma, considerate le vostre legittime curiosità nei confronti della mia produzione letteraria ho deciso di soprassedere. Un giudizio sul film lo voglio dare ugualmente per quanto sintetico esso sia. Un bel 8 pieno soprattutto per la fotografia, la location e l’atmosfera molto godibile. Mi è piaciuto molto Ewan Mcgregor mentre non mi ha convinto Pierce Brosnan, piuttosto pallidino. Comunque lo consiglio a tutti quanti vogliano passare un paio d’ore con il fiato sufficientemente sospeso per seguire un bel film.

E passiamo alle vostre domande sulle mie scelte letterarie. Sostanzialmente mi sembra di capire che vi chiediate il motivo del perché sia passato dalla composizione in massima parte basata su racconti a quella costituita esclusivamente da romanzi. Qualcuno si chiede anche se questa sia una scelta di marketing piuttosto che artistica. La risposta è semplice: non ne ho la più pallida idea. Personalmente quando mi metto a scrivere non mi pongo mai la domanda se ciò che faccio avrà un mercato o no. Questo perché non inseguo sogni di notorietà impossibili o manie di grandezza economica, per quanto ovviamente mi piacerebbe vivere di quello che scrivo. Forse la migliore risposta è che questi romanzi dovevano essere scritti.

 Il perché è semplice. Con “La donna che sussurra nel vento” mi resi conto di aver esaurito le suggestioni all’origine di quel tipo di racconto e che se avessi continuato su quella strada, quella sì, sarebbe stata una scelta commerciale perché avrei scritto le stesse cose. Con la seconda generazione sto sperimentando moltissimo le mie potenzialità e possibilità e mi sono reso conto che le sole strade che potevo battere erano basate su struttura e tecnica da romanzo. Sono, come sapete, quattro romanzi appartenenti a un periodo molto difficile della mia vita. Sono la legittima evoluzione di un uomo che scrive come forma quasi autodiagnostica per meglio comprendere se stesso. Ecco perché in questi romanzi molto più che nei racconti non troverete mai una morale borghese o comunque politicamente corretta. Tutti questi lavori sono carne e sangue, sono dolore, rabbia, frustrazione, speranza. Sono ciò che agita il mio animo e che preme sugli angoli della mia coscienza per uscire alla vita. Molto simbolici, complessi, metafisici per certi aspetti giustificano in pieno l’appellativo di Seconda Generazione. C’è una differenza fondamentale tra questi e la Prima. Mentre in quest’ultima mi ispiravo ai miei autori preferiti, in questi mi ispiro a me stesso. Quanto alla possibilità di scrivere ancora racconti non è affatto tramontata. La mia mente mi da molto spesso l’ispirazione per storie che possono essere tranquillamente racconti completi e ho deciso di tenere un quaderno dedicato appositamente a queste idee. Come già molti prima di me anch’io mi baso molto sui sogni e sulle mie lucide follie. Questo fa sì che una prossima antologia di racconti forse di Fantascienza firmata dal sottoscritto possa comunque vedere la luce. Infatti è mio proposito fatto speranza la possibilità di concludere questa Seconda Generazione che rappresenta il punto più alto delle mie limitate capacità letterarie e lasciarmi alle spalle periodi difficili, complessi ed estremamente impegnativi che sto cercando di esorcizzare proprio con questi romanzi. Spero di aver soddisfatto le vostre curiosità e di sollevarne molte altre perchè i vostri commenti sono per me fonte di grande interesse.


Ps. Ho scelto la locandina originale di "Solaris" perchè considero il romanzo di Lem come un capisaldo metafisico che mi è vicino come pensiero in questo momento. Adesso tocca a voi commentare. Grazie di seguirmi...


Massimo Valentini

giovedì 8 aprile 2010

"Rebecca", recensione fiction e romanzo





Cari amici benvenuti. Mi auguro che il week-end pasquale sia andato bene per tutti e che siate pronti al digiun, cioè, alla solita vita di tutti i giorni dopo le recenti abbuffate. Oggi parleremo di un libro che vi accennai qualche post fa. “Rebecca”, romanzo scritto nel 1938 da Daphne du Maurier. Il romanzo ebbe una trasposizione radiofonica ad opera del celebre Herbert G. Welles e, soprattutto, una assai più lucrosa trasposizione cinematografica per la regia di Alfred Hitchcock che lo apprezzò moltissimo. C’è da dire che la du Maurier ebbe problemi quando uscì il libro perché fu addirittura accusata di aver copiato un racconto di Elizabeth von Arnim intitolato “Vera”. I giudici però accolsero l’istanza presentata dalla du Maurier giudicando il caso come un errore. Dal film originale è stato ricavato anche un remake in due episodi sotto forma di fiction per la Rai e cioè “Rebecca, la prima moglie” con Alessio Boni nel ruolo di Maxim De Winter e Cristiana Capotondi nel ruolo della moglie numero due.


Trama:

Siamo a Montecarlo dove una timidissima ragazza inglese convince il nobile de Winter a non gettarsi da una rupe scoscesa. De Winter, che è da poco vedovo della bellissima moglie Rebecca morta in un (apparente) naufragio, comincia così a frequentare la giovanetta che ben presto si rivela di umili natali. E’ infatti la dama di compagnia di una nobildonna bisbetica. La ragazza s’innamora subito del giovane aristocratico e quando lui decide di chiederla in moglie il suo cuore palpita di gioia. A Menderley, la tenuta dei de Winter, però, la donna si troverà faccia a faccia con una presenza a dir poco ingombrante. Rebecca, infatti, non sembra affatto morta nella mente della signora Danvers, la governante della tenuta e neanche in quella del marito. Ben presto la poveretta comincerà a sentirsi inferiore allo “spettro” di Rebecca e l’atteggiamento in apparenza scostante di Maxim le confermeranno i suoi timori. Non proseguo oltre con la trama per non togliere il piacere della lettura a chi vorrà cimentarsi con questo romanzo che vi assicuro è molto migliore del remake made in Italy (anche se quest’ultimo, nonostante la presenza della Capotondi, attrice non certo bravissima del panorama nazionale, è comunque ben riuscito. Boni, invece, regge abbastanza bene il suo ruolo).


Recensione:

Essendo uno scrittore, concentrerò la mia disamina sul romanzo. Partiamo subito col dire che l’opera è tipicamente aderente ai dettami dell’epoca in cui fu scritta. La trama segue un lessicoclassico a metà tra il thriller e la storia d’amore; le descrizioni cupe dei luoghi, di Manderley e persino del grande parco che domina la costruzione è abbastanza scura. Anche l’atmosfera che la du Maurier snocciola pagina dopo pagina diventa via via più opprimente e, a tratti, anche eccessiva. Ma questo non è un difetto: al contrario è un effetto voluto che non dispiacerà ai cultori del genere. Molto bella la scena di apertura del libro narrata quasi in tono oniricheggiante e buone le descrizioni dei luoghi e degli stati d’animo della protagonista. Il romanzo presenta un finale altamente drammatico (anche questo in linea con i tempi) anche se, a mio modesto parere, a una lettura attenta, potrà forse sembrare affrettato come se l’autrice avesse deciso di concludere al più presto il libro. Lo stile è sobrio ma gradevole. Niente inutili ampollosità né scelta di parole eccessivamente complicate. E tuttavia la struttura è solida e ben comprensibile. Nel complesso un buon romanzo che non sfigura al confronto con la letteratura che tanto va di moda oggi. E, se proprio devo dirvela tutta, è proprio “Rebecca” a far sfigurare tante storielline d’amore oggi molto in voga a cominciare proprio da quelle che parlano di vampirelli al college… Personalmente, lo stile mi ha ricordato un po’ quello della Dickinson.


Qualche curiosità. Per descrivere la casa dei de Winter, l'autrice si ispirò alla proprietà di Menabilly, in Cornovaglia, nella quale in seguito si ritirerà a vivere. Una citazione di questo libro è stata fatta da Ken Follett nel suo romanzo “Il codice Rebecca”. Qui il protagonista nasconde un codice di cifratura tra le pagine di una copia del libro della du Maurier. Se avrete occasione di leggerlo o se lo avete già fatto non mancate di scrivere su questo blog le vostre impressioni in modo da condividere uno dei romanzi che a parere di chi scrive rimane come una pietra miliare della narrativa di tutti i tempi.


Massimo Valentini



venerdì 19 febbraio 2010

"Amabili resti", recensione film e romanzo


Miei cari lettori e lettrici, vicini e lontani, benvenuti a questo nuovo post. L’argomento di oggi è duplice nel senso che non riguarda un romanzo o comunque solo lo “scrivere” inteso come letteratura ma anche la filmografia. Il perché è presto detto… Ho visto il recentissimo “Amabili resti” (The lovely Bones”) film che come molti di voi sapranno è stato tratto dall’omonimo romanzo di Alice Sebold di cui sono riuscito a leggere una versione, diciamo, condensata. Sebbene debba dire che l’autrice ha composto per questo romanzo una trama in verità non originalissima, si lascia leggere con piacere e, soprattutto, non presenta grosse pecche strutturali o di trama. Ora voi vi chiederete, perché parlare ANCHE del film e non solo del romanzo, essendo questo il blog di uno scrittore. Il motivo risiede nel fatto che è sempre utile evidenziare le differenze qualitative tra un romanzo e il film che ne è stato tratto anche perché il cinema è la cosiddetta “settima arte” e purtroppo anche questa è bistrattata, in tempi bui quali quelli in cui viviamo. In effetti, calando un velo pietoso sulla maggior parte del cinema italiano attuale (quasi mai tratto da libri, per di più…) e concentrandoci sulla produzione di oltre oceano, ho sempre trovato interessante comparare romanzi e film da essi tratti per scoprire come la maggior parte delle volte i film siano sempre inferiori alle loro “ispirazioni cartacee”. Difetti del video? Impossibilità di trasporre la ricchezza di un romanzo in poco meno di un paio d’ore di pellicola? Sicuramente è una delle cause. L’altra, però, risiede nell’indiscriminato potere degli sceneggiatori che ben di rado cercano soluzioni originali, preferendo puntare sugli effetti speciali piuttosto che sulla storia. Ad ogni modo sono molto pochi i film che seguono fedelmente il “copione” originale del romanzo. “Alien”, ne è un esempio (anche se non mancano alcune scene NON presenti nel film). “Il vecchio e il mare” di Hemingway ebbe come trasposizione cinematografica un film interpretato dall’allora famosissimo Spencer Tracy; una pellicola che fu una copia fedele all’originale. “2001 Odissea nello spazio”, tratto da un racconto breve di Arthur C. Clarke (“The sentinel”) fu invece il primo caso di sceneggiatura scritta di pari passo con il romanzo. Clarke, infatti, pubblicò il suo omonimo romanzo subito dopo l’uscita del grande capolavoro cinematografico. E come dimenticare “Blade Runner” tratto da “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” di P. K. Dick? Un raro esempio in cui il film è migliore del romanzo è, a mio parere, “Le pagine della nostra vita” tratto dall’omonimo libro di Sparks. Devo dire che la lettura del romanzo mi ha deluso ma il film, beh, è davvero bello come pochi (e infatti è uno dei miei preferiti…). L’elenco è lungo e potremmo continuare all’infinito con il risultato di farvi du palle così  e non parlare di “Amabili Resti”. E allora andiamo a incominciare partendo dal romanzo. Susie Salmon è una ragazzina stuprata e uccisa da un killer seriale, ed è la protagonista di tutta la storia che infatti racconta in prima persona soffermandosi con precisione sugli avvenimenti seguenti alla sua morte. La scrittrice è abile nel tratteggiare una sorta di Paradiso chiamato “Il Cielo” dal quale la protagonista vede i parenti traumatizzati, mentre il suo assassino si prepara a uccidere di nuovo. Susie è generalmente incapace di interagire direttamente con la sua famiglia e nelle rarissime volte in cui i due mondi “combaciano” la trama è costruita in modo da lasciare sempre il dubbio che tale “incontro” sia avvenuto. Diciamo subito che il romanzo non è un capolavoro del genere (ha però riscosso un grande successo in patria) e le immagini fantastiche che l’autrice tratteggia sembrano avere una ricchezza inferiore alla pellicola (almeno a parere di chi scrive) ma resta il fatto che la Seabold è comunque lontana anni luce dalla faciloneria di certe autrici nostrane specializzate in Fantasy (infatti, il romanzo E’ UN FANTASY vero e proprio) e il suo stile è godibile quanto basta per non rimpiangere il prezzo del volume. (che, tra l’altro, non è neanche un mattone da 800 pagine…) Nel film di Peter Jackson il Paradiso Personale di Susie diventa una sorta di Limbo dove lei cerca in tutti i modi di non far sfuggire il suo assassino alla giustizia. La regia, pur non eccezionale, è abile come un’elegia, capace di recuperare lo spirito di una famiglia a pezzi per la perdita di una figlia poco più che adolescente. Jackson fa un salto nei suoi trascorsi di regista fantasy come “Il Signore degli Anelli” e questo si vede nelle bellissime immagini del Limbo, riprodotte in CGI (ma in modo decente e credibile) e negli stacchi temporali tra la vita-non vita di Susie e quella “terrena” del padre che continua la sua personale ricerca dell’assassino. Mark (il padre della ragazzina) la cercherà infatti per anni, seguito con instancabile zelo dalla figlia morta che non esita a inviargli piccoli segnali di una presenza mai del tutto sopita. La figura della madre, invece, si dimostra poco caratterizzata dal regista anche se la stella del film è certamente Susan Sarandon che qui dà prova di una straordinaria recitazione in chiave quasi semiseria (è la bislacca suocera del marito di lei) Ora, sia chiaro: questo film a me è piaciuto anche se, da buon scrittore, ho la pessima abitudine di guardare i film come se fossero romanzi individuandone eventuali prologhi, storie, capitoli, epiloghi e chi più ne ha più ne metta. Ripeto: mi è piaciuto ma, e questa è naturalmente un’impressione personale, il film non decolla più di tanto. La bellezza di certe immagini fantastiche non riesce a sollevare le figure degli attori da una certa piattezza di fondo, evidentemente stereotipata, come quella dello stesso Stanley Tucci, maniaco seriale dall’aspetto mite e gentile che ha come hobby (e forse lavoro) quello di costruire bellissime case di bambole. Ecco, qui sta il difetto del film: la scarsa introspezione psicologica dei personaggi. Chi ha avito modo di leggere le vite di tanti SK saprà che spesso questi mostri umani hanno un aspetto insignificante (senza maschere fatte di pelle umana alla “Venerdì 13” per intenderci) ma ovviamente il loro vissuto è molto più profondo di quello delineato per il serial killer del film in questione. Così è per la madre di Susie, una donna abbastanza meschina in quanto pianta baracca e burattini per fuggire dall’ossessione del marito di scovare l’autore del fattaccio. Il finale è poetico (non struggente…) e ben fatto e sono molto belle le frasi che Susie dice, tratte direttamente dal libro. Diciamo subito che il film non supera il libro però sembra “quasi” ricostruirlo tra frammenti in cui si coglie l’emergenza affettiva e quei luoghi che la voce fuori campo di Susie ricomprende come in un eterno ritorno senza ritorno esemplificato dal fatto che la polizia NON riuscirà a scoprire il Serial Killer che nel film rimane ucciso per un volere del Destino (letteralmente) quasi una legge del contrappasso dantesco le cui possibilità e poteri sono superiori alle decisone umane, giuste o ingiuste che siano. Nel complesso assegno un bel “8” ma con riserva. Quella, cioè, che se avete visto o intendete vedere questa pellicola non dimenticate di leggere ANCHE il romanzo la cui parte migliore è certamente il capitolo finale dove gli “amabili resti”, il ricordi di una vita troppo breve eppure vissuta con tutta la gaiezza della fanciullezza, ci ricordano le uniche cose che possiamo portarci dietro dopo questa grande avventura chiamata vita: i sentimenti. Sono questi, infatti, i soli valori che rendono amabile il nostro vissuto!



Massimo Valentini