Chi si accosta a scrivere un racconto o un romanzo dovrebbe farlo con umiltà. Chiunque di noi è in grado di scrivere una storia di senso compiuto e chiamarla “romanzo”. Di libri del genere ne esistono tantissimi al mondo, anzi sono la maggioranza dei titoli in commercio. Ma a me, e penso anche a voi, non piacciono i libretti a noi piacciono i Libri. Sono un po’ seccato di vedere in giro libracci come “Tre” osannati da sedicenti "esperti" televisivi. Spero inoltre di poter essere d’aiuto a chi vorrebbe tanto sapere come scrivere un romanzo. Non sta scritto da nessuna parte che il capolavoro sia solo La Divina Commedia. Anche "Ma gli androidi sognano pecore elettriche?" lo è ed è molto più intuitivo. Ciò che conta è il talento e questo non si insegna a un reality né è sufficiente andare a letto col politico per ottenerlo. Ci nasci, punto e basta. Poi, certo, il talento va coltivato e questo non te lo insegnano le scuole, ma una cosa chiamata esperienza. Nel caso di uno scrittore si può acquisire esperienza in molti modi, il più importante dei quali è quello della Tripla L: leggere tanto, leggere bene, leggere sempre.
Chi legge poco non saprà mai scrivere davvero
Partendo dal fatto che il talento è qualcosa di elusivo e che chi lo possiede se ne accorge dopo molto, ma molto tempo, chi è artista della penna, di solito, legge tantissimo. Il più possibile, quando capita, dove capita, quando gli pare. Non ha un conto dei libri, un libro mastro dei suoi volumi preferiti: legge perché gli piace. Legge perché se ne sbatte del mondo altrui e ne ama un altro, quello stampato. La differenza tra lui (o lei) e uno pseudo scrittore non è solo questa ma spesso è un dato di fatto che chi non ha talento spesso legge anche poco. Il che significa che scrive coi piedi. Non mi stancherò mai di dirlo: se vuoi scrivere devi leggere e senza scuse! Non mi frega se hai lavorato tutta la giornata, o se c’era quella gnocca da urlo alla festa che… DEVI leggere perché VUOI. Tutto il resto è fuffa! La narrativa deve essere parte del tuo sangue, non il contorno di un piatto insipido.
Scrivere non è un lavoro
Chi ha detto questa tremenda cazzata? Scrivere è faticoso perché comporta fatica intellettuale, studio, abnegazione, ore piccole, liti con la fidanzata che si sente trascurata, incomprensione da parte del primo coglione di turno che afferma: “che ci vuole a scrivere un racconto? Moccia ha scritto ben millemila romanzi!”, sorrisini ironici da parte di molta gente che ti considera una sorta di eccentrico quando fuori splende il sole e molto, troppo altro. Scrivere non sarà MAI capito da chi non è uno scrittore autentico o non ha una vera passione per i libri. Non è un caso se molti nomi oggi famosi non sono stati quasi mai acclamati in vita. Non è un caso se a Edgar Allan Poe i direttori delle riviste dicevano che scriveva in modo non “intuitivo”, non è un caso se i racconti di Lovecraft erano sistematicamente rifiutati da asini travestiti da editori, non è un caso se Zuddas ha pubblicato così poco pur avendo scritto storie con contro coglioni, laddove una Troisi di oggi, passabile ma non certo un genio, vende milioni di copie. Scrivere è inoltre un mestiere che richiede preparazione: ciò significa leggere anche narrativa di genere. Uno scrittore che non legge il genere di cui vuole scrivere è condannato a fallire, perché non ha i riferimenti per scrivere al meglio la propria opera. Fin troppi romanzi denotavano il tipo di roba letta dall’aspirante autore: Fantasy di serie B per la maggiore, ma anche anime e manga. E spesso non basta leggere un mostro sacro. Il Fantasy non s’impara se leggi solo Tolkien, ma devi leggere tutto ciò sui cui riesci ad arrivare.
Gli autori presuntuosi hanno carriera breve
Papà Dante è chiaro: a essere presuntuosi si fa peccato mortale. Vogliamo davvero narrare l'ennesima storiella di amore & bene tra un vampiro e una mortale? Molti sono persuasi che solo i romanzi sui vampiri sono bei romanzi, e parecchi di costoro scrivono roba palesemente ispirata, ma dovrei dire plagiata, da roba già dozzinale di per sé. Certo, inventare qualcosa che non puzzi di stantio è difficile. Significa leggere moltissimo e provare e riprovare. Magari anche pubblicare qualche volta evitando di pubblicare a pagamento e cogliere i pareri sul proprio libro. Invece spesso mi è capitato di incontrare gente con all’attivo uno o due romanzetti d’appendice che pensavano di essere Neruda in persona. E forse avevano anche pagato per pubblicare!
Scrivere bene serve?
Alla base dell’arte scritta c’è la perfetta conoscenza della lingua. D eufoniche, uso improprio della punteggiatura, i dialoghi ingenui o farlocchi, abbondano ovunque. Il caso delle “D eufoniche” è per esempio un caso di libera evoluzione della parola scritta. Le forme “ed” e “ad” si possono utilizzare ogni volta che una parola comincia con un’altra vocale, ma questo vale solo nel linguaggio parlato perché in quello scritto “ed” e “ad” sono ammesse solo quando precedono una parola che comincia con la medesima vocale, come nel caso di “Andare ad Aosta”. Sono da evitare gli altri casi perché altrimenti denotiamo un modo noioso di scrivere che alla lunga può annoiare chi legge. Unica eccezione espressioni ormai classiche come “Ad esempio” e “Ad ogni modo”. Sfatiamo un mito: non è vero che più si è giovani più si scrive meglio un Fantasy con la scusa che i ragazzini avrebbero più fantasia. Questa era la moda dei tempi di “Eragon” che poi in Italy si seguì con la Troisi. (che pubblicò a ventidue anni se non erro) e poi con la Strazzulla che ne aveva 17. Lo avete letto “Gli eroi del crepuscolo”? Bene, NON fatelo. Basandoci sui testi, molti di questi sembrano DAVVERO scritti da ragazzini delle medie e invece no: l’età media degli autori emergenti è più alta. Quando mi occupavo di revisione testi e recensioni la media dei manoscritti su cui posavo gli occhi era impressionante: regole sintattiche ignorate, doppie “z” quando ne serviva una sola, avverbi a iosa senza motivo, frasi tronche, dialoghi che definire oltraggiosi sarebbe stato un complimento, storielline degne di un bambino delle elementari. Poi andavo a leggere la biografia di cotanti geni e leggevo lauree, professioni e soprattutto anni, tanti anni. Dai 23 ai 42. Uno, tra i moltissimi casi, mi è rimasto impresso: un pastrocchio simil Fantasy sui templari, scritto in modo davvero disgustoso da un tizio che si vantava di essere un medico…
E le scuole?
No, non servono se il talento non lo possiedi già. Servono solo per gli impiegati della parola scritta, per chi cioè, scrive prodotti seriali ma senz’anima. Ricordate che la tecnica senza l’anima è nulla: sa di già visto, magari tecnicamente perfetto sì, ma emotivamente zero. Avete presente i filmoni di oggi tutti effetti speciali, ma senza storia? Ecco, appunto!
Gli errori di sintassi possono condannare a morte un racconto o un romanzo. Imparare a scrivere correttamente una frase è fondamentale. Ma per far questo è necessario padroneggiare le regole della nostra lingua che è ricca, espressiva e palesemente superiore a qualsiasi altra, compreso il tanto decantato inglese. Conosco un sacco di gente persuasa che inglese faccia sempre rima con figo “perché suona bene”.
Che immonda cazzata! Sarà che noi italiani siamo esterofili, ma non esiste una lingua ricca quanto la nostra quanto a terminologia tranne quelle, manco a farlo apposta, neolatine più sofisticate, come il francese, ad esempio. Lo scrivere senza cognizione di causa della lingua, ti identifica come un imbrattafogli, il ché denota solo impreparazione.
Che immonda cazzata! Sarà che noi italiani siamo esterofili, ma non esiste una lingua ricca quanto la nostra quanto a terminologia tranne quelle, manco a farlo apposta, neolatine più sofisticate, come il francese, ad esempio. Lo scrivere senza cognizione di causa della lingua, ti identifica come un imbrattafogli, il ché denota solo impreparazione.
I puntini di sospensione
I tre puntini, ma molti ne scrivono anche quattro (censura!) dovrebbero essere ridotti al minimo. L’autore dilettante, e con la presunzione di un falco tra polli, si compiace di, secondo lui, riuscire a rendere l’enfasi troncando le frasi. In realtà ottiene solo l’effetto di troncare la pazienza di chi legge. I puntini di sospensione dovrebbero essere quasi sempre sostituiti dal punto fisso. Possono restare nei dialoghi, ma con la dovuta attenzione. Ma nelle descrizioni e scene d’azione i puntini di sospensione non devono esserci.
Nomi
Facciamo attenzione ai nomi dei personaggi e agli elementi dell’ambientazione. Evitiamo la tendenza – in voga nel fantasy – di dare ai personaggi nomi che rispecchino la loro personalità o dal gusto esotico. So che molti bimbominkia adorano usare nomi pomposi e del tutto illogici, tipo chiamare “Mario” un demone e Eeilhen la protagonista della storia. Invece basta seguire la semplice regola dell’azione: non è il nome a fare del protagonista il vincente della storia quanto le sue azioni. E potrà anche chiamarsi Conan ma se è descritto come un idiota non servirà a nulla. Il segreto sta, anche qui, nel leggere tanto e nell’essere equilibrati. Chi scrive Horror, uno dei generi più “scritti”, insieme col Fantasy, deve seguire una certa logica e cioè pochi “effetti speciali” e più attenzione ai dettagli. Descrivere un mostro spaventoso divoratore di ragazzini, inventare un serial killer che si nutre solo di birra e passa il tempo a escogitare nuovi modi di sventrare verginelle sa di immonda porcata al semplice fiuto. Anche qui dobbiamo leggere: molti dei più efferati serial killer non avevano i muscoli di un sollevatore di pesi, né lo sguardo glaciale dei killers di Faletti: erano semplici ometti, neanche tanto minacciosi. Ma erano reali…
Diamo aria al racconto
Evitiamo di scrivere sbrodolate da 9.000.000.000 di parole per 1.000 pagine complessive. Oggi è di moda considerare i Fantasy come libroni da millemila pagine magari divisi in trilogie e quadrilogie ( e non solo!) E chi lo ha detto? Se anche il nostro stile sarà piacevole forse l’esagerare col numero di pagine rende annoiato il lettore, no? Dobbiamo inoltre prevedere diverse pause tra una scena e l’altra. Gli stacchi sono per i romanzi (o racconti) come lo stacco tra la scena e l’altra di un film. Servono per suscitare passione e voglia di leggere, per non annoiare. Se cambiamo il punto di vista, usiamo una bella riga vuota tra un paragrafo e l’altro! Finisce un “episodio” ideale della narrazione? Diamo aria al racconto con un doppio “a capo”!
Sperimentale= innovazione?
Non sempre. Se non abbiamo mai scritto nulla più che un solo romanzo, o pochi racconti, evitiamo di passare subito a roba più complessa. Io lo sto facendo solo ora ma prima ho scritto per anni e ora ho pubblicato cinque libri.
Il vero scrittore impara sempre
Non esiste il romanzo perfetto perché nessuno di noi lo è. Semmai esistono romanzi migliori di altri. Quelli scritti con tutti i crismi hanno comunque difetti vari ma riescono a dissimularlo meglio perché chi li ha scritti era un artista vero. Leggete un titolo tra i tanti di Dick e vedrete che gran parte di essi potrebbe essere scritto anche oggi. Fate lo stesso con la poesia, con la narrativa breve o con le opere più monumentali. Se ne leggeremo molti e impareremo a conoscerli vedremo che molti di essi (se hanno scritto tantissimo) mostrerà differenze tra una piccola serie di titoli e altri, tra un gruppo di racconti pubblicati dieci anni fa e un gruppo similare pubblicato adesso. Però la scorrevolezza del testo resta quella e sarà sempre moderna. Perché? Perché per scrivere davvero serve l’arte e questa si ama o si odia ma fa parte di noi. E’ solo l’arte, che pure è la cosa più inutile, in senso pratico, dell’universo, che ti da il sapore dell’eternità. Tutto il resto sarà corroso dal tempo, disperso dai venti e dissolto dagli oceani. A condizione che l'arte sia autentica.
Massimo Valentini