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venerdì 18 dicembre 2009

"Twilight", recensione




La figura del vampiro è una delle più comuni sia per quanto riguarda la narrativa che la cinematografia, assieme a quelle di uomini-lupo, mostri composti a partire da pezzi di cadaveri e mummie egizie, e oggi che impazza la narrativa per adolescenti non potevano mancare libri ispirati a questi personaggi. Non fa eccezione Stephenie Meyer che confeziona una saga gradevole dal punto di vista della forma, con uno stile scorrevole e leggibile, adatto a una vastissima cerchia di lettori. Ho finito di leggere questo libro in circa un’oretta perché non è eccessivamente lungo né complicato. Come alcuni di voi sapranno, sono un uomo cinico ma non per questo disdegno le storie romantiche, specie quelle di ambientazione fantastica, ma sono rimasto perplesso di fronte a una storia basato su vampiri adolescenti che vanno al college, e per di più innamorati. Se non ci fosse stato il nome Meyer sopra avrei pensato a una storia di Geronimo Stilton e sinceramente non intendo leggere gli altri capitoli della saga, convinto come sono che spesso le buone idee sono quelle del primo libro con gli altri capitoli che servono solo a battere cassa. Ma andiamo con ordine e presentiamo la recensione di questo romanzo.



Trama:


La signora Swan si è risposata con un giocatore di baseball ma invece di seguire il nuovo marito rimane a casa ad accudire la figlia Isabella, ‘Bella’ per gli amici, che per venire incontro alla madre va a vivere con Charlie, il padre naturale, in una cittadina di poche anime, tale Forks. Questo posto è, come si direbbe dalle mie parti, composto da “quattro case e un forno”. E naturalmente la nostra Bella si deprime. Bella è una ragazza graziosa, goffa, non ricca ma neanche povera. È una persona qualunque. Insomma, una teenager come tante che come tante ha però già spasimanti a iosa nella scuola che frequenta. Quando incontrerà Edward Cullen, bellissimo ragazzo dagli occhi languidi e sfuggenti, se ne innamorerà come mai nella sua vita. Inizia così la love story tra lei ed Edward che si scoprirà presto essere un vampiro.


Recensione:

L’aspetto cardine di ogni buon romanzo dovrebbe essere l’originalità soprattutto se si sfrutta una trama ormai nota come quella sui vampiri ma questo non sembra essere un tratto distintivo della signora Meyer, dal momento che non ha nulla di meglio che far innamorare il più figo della classe di Bella. L’originalità a quanto pare sta nel fatto che Ed sia un vampiro. Sia Bella che Edward appaiono come personaggi stereotipati e privi di uno spessore caratteriale importante. Così come Edward appare di una bellezza “sconvolgente” Agli occhi di Bella, così la storia appare molto poco verosimile perché l’Autrice non ricorre a nessun espediente per spiegare le caratteristiche dei vampiri. Per lei è normale che essi abbiano immortalità, forza e agilità superiori a quelle umane. Rispetto a quelli classici, i vampirelli della Meyer non temono neanche la luce del sole, l’aglio, croci… sanno predire il futuro e leggono la mente delle persone. Peccato però che Ed legga la mente di chiunque ma, guarda caso, NON QUELLA DI BELLA! Espediente a buon mercato chiaramente fatto ad hoc dalla Meyer per non cercare una spiegazione alternativa. La Meyer s’inventa anche la tendenza dei vampiri a consumare sangue animale. Comunque, se per caso sono in astinenza da sangue, i superbononi vampiri meyeriani subiscono qualcosa di simile alla crisi di astinenza di un accanito bevitore di grappa ma, volendo, sanno controllarsi. Altra falla grande quanto una casa è l’aspetto temporale del protagonista gnokko del romanzo: Edward è nato nel 1901 ed è diventato vampiro nel 1918 però la Meyer ambienta il suo capolavoro nel 2005. Sembra curioso che un tizio centenario vada ancora a liceo. Per fare cosa? Per nutrirsi di povere e indifese fanciulle liceali? Assoggettare ai suoi arcani poteri i responsabili della scuola per oscuri propositi? Affatto: sembra proprio che Edward frequenti la classe di Bella per aspettare il grande amore della sua vita. Edward, inoltre, parla poco ma nonostante la Meyer continui a sciorinare quanto sia bello Edward non fa nulla di che. Ha solo macchine costose, sembra di famiglia molto benestante, è bello. Ed è bello. Ma bello davvero, eh! E anche Bella non sembra proprio un genio come personaggio. Quando lo vede per la prima volta mormora, con la bava alla bocca: “Come sei bello!” e poi sviene di continuo. Ho paura che abbia la pressione bassa visto che basta una corsa, un bacetto, respirare perfino. Quando finalmente capiscono di essere attratti uno dall’altra la loro storia non ha nulla, il vuoto assoluto. Non parlano, non discutono del futuro, non fanno sesso, non fanno un cavolaccio di niente. Bella dà anche prova di una spiccata intelligenza (si fa per dire) quando decide di gironzolare tutta sola per quartieri poco raccomandabili ed anche questo è il solito, squallido artifizio dell’Autrice per mostrare alla lettrice quanto sia bravo il suo Ed. Infatti quando quattro deficienti vogliono violentarla Ed sgomina i kattivi senza noie. Una sorta di Super Eroe in versione Vampiro. Curiosamente davanti alle intenzioni dei quattro disgraziati, Bella NON SVIENE. Una scelta curiosa, visto che la ragazza non sa fare altro che svenire se lui le da un bacio, se è emozionata e roba del genere. Per quanto riguarda il sesso, semplicemente non è presente. Sappiamo tutti infatti quanto le teenagers non abbiano alcuna scossa degli ormoni. Non è importante che il sesso sia un ingrediente o meno di una storia ma se descrivi una relazione tra due persone qual cosina dovresti dirla. Qui, invece, viene fuori il pensiero mormone della Meyer che prescrive come il sesso, fuori dal matrimonio, sia cosa brutta e kattiva. E a quanto pare, Edward Cullen e Bella Swan sono entrambi mormoni. Se volete ridacchiare leggendo l’ennesima sciocchezza narrativa che si è inventata la Meyer per giustificare il divieto di sesso per questo libro sappiate che Ed, come tutti quelli della sua specie sarebbe superdotato, esuberantissimo, e troppo “focoso” quando fa sesso. Ora… Uno come me, cinico quanto volete ma pragmatico su certe cose, potrebbe anche pensare che il nostre Ed sia un perfetto imbecille anche per questo. Un altro punto oscuro è l’attrazione di Edward verso Bella: perché uno come lui sceglie una come lei? E non mi tirate in ballo l’amore tanto è questione di igiene personale: Bella odora di sangue lontano un miglio e tutti i vampirelli che incontra vorrebbero invitare qualcuno a cena con lei a fare… da cena. Per farla breve, “Twilight” è un romanzo scritto coi piedi che potrebbe stare benissimo tra le fila di una libreria mormone, forse, dove l’azione si riduce a descrivere il nulla più assoluto, senza una storia degna di questo nome, senza un qualsiasi elemento che possa rendere questo libro almeno valevole del prezzo di copertina. Praticamente è equivalente a una versione in salsa tartara di Candy Candy. Guardando il romanzo dal lato tecnico lo stile della Meyer è scorrevole e quindi si legge bene. E questo è una gran cosa visto che non descrive scene molto… sofisticate. Però i dialoghi sembrano quelli mocciani e non è un complimento. E tanto per parafrasare una notissima pubblicità televisiva di deve dire che scrivere vera narrativa è per molti, ma evidentemente non per Stephenie Meyer.

 


Massimo Valentini



mercoledì 9 dicembre 2009

"Se solo fosse vero", recensione





Avevo pensato di scrivere la recensione di "Twilight" anche per venire incontro a quanti tra voi cattivelli vorrebbero a gran voce il mio punto di vista su uno dei romanzi più venduti del momento. In effetti, però, dato che il capostipite della saga vampiresca non riscuote una grande ammirazione da parte mia, ho pensato di alternare la recensione di un altro volume e fare così recensioni positive e negative. Ecco perchè ho scelto di parlarvi di  "Se solo fosse vero" di Marc Levy, un libro delizioso che ho letto pochi giorni fa. Sapete, a me non piace la Francia e neanche lo sciovinismo tipico dei cugini d'Oltralpe però questo romanzo mi è piaciuto in modo particolare sia per le ambientazioni (è ambientato a San Francisco e non nella douce France) sia per lo stile davvero coinvolgente. Sitratta di un romanzo breve, non più di 220 pagine, peraltro scritte anche con un carattere abbastanza leggibile e questo può essere solo un bene. Il vino buono non ha bisogno sempre di una botte da mille pagine, non vi pare? La trama è narrata in terza persona e apparentemente potrebbe sembrare fantastica, ma è soltanto a un'analisi più approfondita che si scopre che tutto il testo appartiene alla cosidetta narrativa classica. E andiamo a incominciare...


Trama

Lauren è una giovane dottoressa trentenne che abita da sola in compagnia di una cagnetta che adora e del suo lavoro. Dopo una serie di estenuanti notti trascorse al pronto soccorso a destreggiarsi tra pazienti ed emergenze varie, ottiene finalmente un paio di giorni tutti per sè. Decide di regalarsi un weekend di vacanza e parte a bordo della sua vecchia spider inglese. Ma il destino è dietro l'angolo e la sua auto sbanda, andandosi a spiaccicare contro la vetrina di un negozio. Nonostante il pronto intervento dei medici scesi da un'ambulanza, la donna cade in coma. Questa è la prima parte del romanzo che in effetti funziona come una sorta di prologo. Il terzo capitolo vede l'apparizione del vero protagonista, Artur, un uomo che andrà ad abitare proprio nella casa di Lauren che, dopo l'incidente, la madre aveva reso disponibile per l'affitto. Artur incontrerà la donna sotto forma di fantasma, che gli pone mille domande sulla sua vita e sul motivo che lo ha spinto ad abitare proprio casa sua. Passanoi giorni e Lauren, abituatsi all'idea che uno sconosciuto possa abitare nella casa che era stata sua, comincerà a legarsi affettivamente a lui. La storia prosegue senza troppi buchi di narrazione fino all'abbastanza inevitabile innamoramento tra i due con Artur che sarà visto da amici e semplici conoscenti abbracciato a una figura invisibile susciando a volte l'ilarità generale. Dopo una serie di piccole e grandi vicissitudini il corpo di Lauren verrà dichiarato dai responsabili dell'ospedale come non più supportabile e quindi verrà deciso di staccare la spina. Intanto Artur cerca di conoscere di più di lei ed entra in contatto con la madre alla quale rivelerà che la figlia, in un certo senso, è ancora viva. A questo punto la trama corre verso il finale con l'ultima scena in cui Lauren gli rivelerà di essere prossima a scomparire e gli chiede quindi un ultimo abbraccio. Artur, sconvolto dal dolore, va  in ospedale e decide di far visita tutti i giorni alla donna che ama. Il romanzo finisce con il risveglio di lei che non riconosce in Artur l'uomo con cui ha trascorso gli ultimi mesi della propria esistenza e con la frase del protagonista che recita pressappoco così:

"Quello che sto per dirle, signorina, riguarda molto da vicino la sua vita e la mia e mi creda se le giuro che soltanto lei potrebbe capire il mio stato d'animo".

Questo romanzo è scritto con uno stile agile e gradevole, capace di catturare il lettore dall'inizio alla fine, trasportandolo in un'atmosfera colma di delicatezza, nonostante il tema rischi di essere eccessivamente banale. Levy confeziona qui una versione sofisticata e frizzante della classica storia d'amore che potrebbe sembrare fantastica o comunque surreale, ma che invece è una metafora evidente dell'amore che supera le difficoltà relazionali tra gli individui. I capitoli sono molto brevi, tre/quattro pagine, ma la descrizione delle scene, degli ambienti e le motivazioni dei protagonisti sono ben tratteggiati.
    

Pregi

 Sono senza dubbio uno stile energico che non lascia al lettore il tempo di riprendere fiato tra una situazione e l'altra, l'aver dato a una storia per certi versi non proprio originale quella patina di leggerezza e insieme dolcezza senza mai farla scadere nel già visto. (Un rischio non tanto lontano dato il tema scelto dall'autore). Inoltre non si fa uso di situazioni ai limiti del porno o dell'esagerazione lessicale (non ci sono eccessive scene di sesso o comunque a base di parolacce) per descrivere gli stati d'animo che attraversano i personaggi.

Punti negativi

Una certa confusione tra descrizioni in prima che poi scadono in terza persona, l'incontro un po' scontato tra il protagonista e Lauren che avviene nell'armadio della camera da letto (sic!) e alcune situazioni emotive descritte a mio parere in modo un un po' troppo superficiale. Anche il finale, pure gradevole, poteva essere scritto in modo più intenso. Nel complesso però il romanzo si regge su gambe ben salde e merita senz'altro un 10 non tanto per l'originalità della trama, ma per il modo delicato e tenero (ma non mieloso o politicamente corretto) con cui viene tratteggiata una storia che nelle mani di altri scrittori troppo avvezzi al marketing poteva riuscire scontata e che qui diventa invece di una sublime dolcezza. Piccola curiosità: come stile, come tratteggio, lunghezza complessiva e scelta sintattica questo libro mi ricorda il mio romanzo "Ultima Thule" sebbene tra i due libri esista un abisso come trama, ambientazioni e motivazione del protagonista. Diciamo, però, che  si somigliano come atmosfere. Sono immodesto lo so! In conclusione vi invito a leggerlo e vi saluto come direbbe la cara vecchia Sofia Loren... accattativillo!


Massimo Valentini