Translate

sabato 29 settembre 2012

Pensieri liberi


Ok, oggi avrei dovuto scrivere una delle mie solite recensioni ma a conti fatti, mi annoio un po’. Sì, d’accordo: il libro in questione è una merda. Voglio dire, non mi esalta. Scritto coi piedi. Raffazzonato. Stupido. Fèntasy (e ho detto tutto). Quindi non ne parlerò e invece inauguro un nuovo modo di fare post. Quello di farvi conoscere l’altro lato del Valentini-pensiero, quello scanzonato, cinico, simpatico (forse) e un tantino figlio di mignotta. Già che ci sono voglio anche informarvi che proprio ieri, in tutte le edicole italiote, è uscito il primo numero della rivista che concorro a scrivere anch’io: Voyager. Avete capito bene: la rivista ufficiale del programma di Rai due di Roberto Giacobbo. Figo, eh? Sono in redazione, quella della rivista, non del programma, preparo pezzi, controllo, riscrivo, faccio sezioni… si lavora, insomma. Un altro al posto mio avrebbe magari acceso le fanfare e dandosi un certo non so ché di Altissima, Levissima e Purissima aria da intellettuale sfigato avrebbe sciorinato per filo e per segno quanto è bravo. A me non me ne frega di farlo, se sono bravo o meno lo so da solo, e a conti fatti devono deciderlo gli altri. E poi detesto chi si vanta. Di solito, quelli che lo fanno sono degli idioti. Io cerco solo di lavorare al meglio; non so ancora se rimarrò nel progetto (dipende da molti fattori) ma al momento ne faccio parte. Amen.



Un’esperienza nuova per me che finora avevo svolto il lavoro del divulgatore in modo diverso. Un modo più libero, senza padroni, un cane sciolto che va in giro e osserva, prova, sogna e scrive. Beh, che ci volete fare, sono uno scrittore, mica Fabio Volo. Scrivere per Voyager è divertente, anche se le responsabilità sono tante, ma fa parte del gioco. Certo, a conti fatti, scrivo per un bel po’ di gente. Varie riviste, rispondo alle lettere, scrivo libri... Ricordo ancora quando cominciai a scrivere le prime volte. Ero al liceo, anzi, no: in Inghilterra per un viaggio studio, ma con qualche compagno della mia classe. Ovviamente lo studio era l’ultima delle preoccupazioni dei miei baldi amici. Erano andati per “le inglesi”, loro. In effetti, non se ne sono fatta nessuna (decisero di ripiegare sulle nostre compagne italiane). Io, invece, che ero fidanzato (a volte anch'io sono un bravo ragazzo) proprio non me ne fregava nulla né delle inglesi né delle nostre compagne. Rispetto a me, solitario per nascita e compagnone per diletto, loro erano scatenati. Bevevano, fumavano, facevano casino... Le loro stanze al college sembravano quadri naif o, se volete, l’ultima delle fogne. Io, invece, scrivevo. I miei compagni erano impegnati a studiare l’inglese (30 minuti ogni 24 ore, più o meno) fotografarsi le facce a vicenda, studiare le gambe delle ragazze (inglesi) che venivano ogni venerdì a pulire quella fogna di appartamento, cercare di farsele, fotografare loro il Lato B (ho detto Lato B? Scusate: volevo dire le chiappe) e gettare acqua sul gatto delle studentesse (italiane) del piano inferiore per attrarre l’attenzione delle suddette. Italiane che ovviamente erano andate li per gli inglesi e che invece anche loro se la facevano con gli italiani. Quando si dice che tutto il mondo è paese... Poi, un bel giorno, una delle studentesse italiche cominciò a fare flap flap con le ciglia verso di me. Ricordo quel che mi disse un certo Salvatore:


Lui: “Max, secondo noi dovresti darti una mossa.” E intanto si raspava il grugno con un rasoio. Peccato che la barba erano un ciuffo di peli qua e là.
Io: “E perché? Ho già la fidanzata.”
Lui: rasp, rasp “Vabbé però la tua ragazza è lontana e adesso sei solo. Mica puoi scrivere tutto il giorno. C’è quella che ti guarda: che aspetti?”
Io: “Tu hai la ragazza in italia? Non lo sapevo."
Lui: "Eeeeh, vabbé no, ma qui..."
Io: "Ma qui fai lo zerbino di quella cofana della terza F..."
Lui: rasp rasp “Sei uno sfigato!”
Io: “Sarà, ma io non mi ammazzo di seghe come fate voi.”
Lui: “Solo perché la tua ragazza è gnocca…”
Io: “Buone raspate, Salvatò!”
Ecco, più o meno queste erano le giornate ragion per cui feci i bagagli e tornai in italia. Una vacanza di merda, ma che è servita a farmi capire una cosa: che nella vita di ciascuno di noi ciò che siamo è sempre lì ad attenderci. Salvatore so che è diventato medico, è benestante e ha rilevato lo studio del Papi, pure lui medico. Io, invece, scrivo i miei libri e me ne frego di leccare a destra e a manca per far comprare qualche copia in più agli amici degli amici degli amici degli amici. Certo, anche il mio c.v. è invidiabile: sono stato qua, sono stato là, Antartide, Nuova Zelanda, Australia, A-stan e Bosnia. Scrivo, leggo, poi scrivo e ri-leggo. E, quando ero libero, non mi sono mai mancate le compagnie femminili. Forse, per gran parte delle persone, io sarei quel che disse Salvatore: uno sfigato. Forse. Certo, non navigo nell’oro, però me ne sbatto di tutto, tranne che della voglia di scrivere.

A volte qualche rifiuto devi prevederlo...
Oh, non importa cosa, basta che scriva. Perché solo così mi sento vivo, anche quando vorrei bruciare gli appunti di quei cazzo di libri per i quali getto sangue e follia, e diventare un norm come quel Salvatore lì. Che dirvi? Anche a me piacerebbero una villa, soldi e qualche mese trascorso senza fare una cippa in vacanza. Io invece sono spesso in bolletta, ma non mi raspo la barba e credo nel potere della penna e della libertà. Quella di fare come mi pare, quando mi pare e con chi mi pare, quella di vivere sempre sul filo del rasoio, sempre incontro al vento, anche se magari fuori piove. No, grazie, signori Salvatori delle mie ghette: non so che farmene delle vostre seconde scelte, delle vostre ville lasciate dal Papi e delle donne che ora avete, ma che forse un giorno conobbero me prima di voi. Se vado in giro, lo faccio per conoscere gente nuova, che magari possa insegnarmi qualcosa. Perché non esiste nulla al mondo che sia meglio della libertà di pensiero. Io sono nato per questo: libertà di pensiero, di scrivere, di essere. Anche se a volte neanch'io so il perché.
Massimo Valentini




domenica 23 settembre 2012

Il meme di Sam



Cari e Care,

Eccoci arrivati al nostro consueto appuntamento. Questa volta risponderò a un meme che Samantha Baldin, la blogger di Libri e Caffelatte che già a suo tempo parlò del mio “Gabbiani delle Stelle", mi ha inviato, invitandomi a farlo girare su altri siti di appassionati di libri. Sam sta scrivendo un romanzo cyberpunk in due volumi che auto pubblicherà quando sarà pronto evitando quindi, da brava ragazza, di ricorrere a una EAP per la pubblicazione. Potevo non offrirle una recensione della sua fatica? No di certo, visto che sono sempre disponibile verso chi cerca di assecondare la propria passione narrativa senza ingrassare chi si fa pagare per esaudire un sogno. Eccovi le regole trascritte pari pari dal blog di Sam:

 
Regole:

Vanno elencati 11 fatti su noi stessi, si risponde alle 11 domande formulate dai blogger che ti hanno coinvolto, e si designa qualche altro per rispondere alle nostre. In pratica, una catena di S Antonio formato blog. E dato che accetto sempre le sfide eccomi a parlare di me stesso (so’ figo, lo so!) per poi rispondere alle domande di Sam. Considerate, quindi, questo post come un’occasione per curiosare tra i cavoletti miei.

1 Per ISDN, il romanzo che al momento sto riscrivendo facendo uso di tutte quelle regole ormai riconosciute come valide & moderne, sto affrontando una vera e propria ricomposizione. Eccetto la storia che sarà sempre quella ideata a suo tempo, vi ricordo che, se la prima versione del romanzo fu scritta 3 anni fa, cambierà però tutto il resto. Praticamente, sto scrivendo un nuovo romanzo facendo uso di una mia storia preesistente.

2 Non amo i reality show, spettacoli tipo quella di Miss Italia e le varie menata italiote a sfondo chicchiereccio. Amo invece i film, specie se si tratta di quelli a tema di SF.

3 Sono un solitario, ma non sono un buzzurro. Mi piacciono i miei spazi anche se non disdegno la compagnia di persone simpatiche.

4 Amo la musica classica, quella rock e la pop. Non disegno il soft metal se fatto bene.

5 Trovo che i coniglietti, le cavie, i criceti e in generale i cuccioli di cane e gatto siano meravigliosi, ma adoro anche le rose blu e nere


Mi piacciono i coniglietti... e allora?
 

6 Oltre agli arancini bianchi, quelli fatti con riso, prosciutto cotto, mozzarella e una spruzzata di pepe nero, sono ghiotto di pizza.

7 Adoro il thè alla pesca, la birra nera, l’aranciata, la coca e la gassosa al caffè. Non bevo altro, eccetto l’acqua.

8 Colazione preferita? Del Silenzio, un cornetto alla crema, un buon libro o in alternativa un fumetto con le storie di Zio Paperone, Paperino e Qui, Quo e Qua.


Colazione all'italiana: cosa buona e giusta

9 Mi piacciono gli smarthphone.

10 Non sono un fighetto, anche se a volte posso sembrarlo. Se devo comprare qualcosa, decido, esco e compro.

11 Il mio luogo preferito non è lo stadio o l’arena dei concerti, ma una spiaggia deserta e il mare. La sua voce è per me la musica migliore, la sua compagnia tutto quel che potrei desiderare.


E adesso rispondiamo alle domande di Sam:


Sam: Perdi mai la pazienza? Se sì, perché.

Max: Sì, sono tendenzialmente impulsivo, anche se il mio animo ha una notevole parte logica. Perdo la pazienza con le persone che fanno finta di non capire o vogliono imporre la loro visione delle cose fregandose di quelle altrui. E non amo gli idioti travestiti da aquile.

Sam: Sei al ristorante col tipo/a che ti piace tanto, è una delle prime uscite. Lui/lei si mangia una gradevole focaccia all'aglio. Quando cerca di baciarti a fine serata, che fai?

Max: Cerco di non farle capire che a momenti mi stende e scappo in bagno per respirare…
 
Sam: Hai un blog, non sai che scrivere perché negli ultimi tempi sei un po' giù. Non scrivi nulla o scrivi cazzate?
 
Max: Non scrivo nulla.
 
Sam: In biglietteria la solita nonnina ti passa avanti. Quando però tocca a te, ti tirano giù il vetro. Sei senza biglietto e il treno sta per partire... la nonnina va dove vai tu. Che fai?
 
Max: se posso, cambio percorso!

Sam: Sei al bar, chiedi un caffè. Vedi che il barista ti da quello che già aveva lì. Glielo dici o fai finta di nulla e ti bevi la ciofeca?

Max: Con un sorriso gli faccio notare che il caffè lo voglio fresco e non preistorico.

Sam: Ti regalano un libro. Sai già che non ti piacerà perché conosci l'autore e leggerlo aiuta solo la regolarità del tuo intestino. Però, il donatore è uno "importante" (datore di lavoro, ragazzo/a ecc.). E lui/lei lo adora. Che fai?

Max: Ringrazio, sfoglio la ciofeca e la dimentico da qualche parte.

Sam: Scarichi dal mulo? E se sì, cosa?

Max: Evito il mulo ma conosco chi mi fa il piacere di scaricare un film o della musica che mi piace liberamente disponibile su Internet.

Sam: Credi che ci siano più politici che fanno ridere o comici che entrano in politica?
 
Max: I politici fanno piangere con le loro cazzate, anche se queste effettivamente sembrano barzellette puntualmente riportate dai quotidiani esteri alla faccia nostra. Ma penso che i comici in politica, barzellette o meno, non possano far ridere più dei politici. Forse sono parenti!
 
Sam: Hai un colloquio importante. Se partito/a presto, ma ti sei beccato un incidente. Arrivi sudato/a e puzzolente. L'unica tua salvezza, è un distributore di merendine e bibite calde. Cosa scegli come deodorante improvvisato?

Max: Qualcosa imbevuto di thé caldo alla pesca.

Sam: In negozio ti danno il resto sbagliato. Ti mancano 20 euro. La cassiera ha l'aria di una furba, e tu sei certo/a di aver ragione. Che fai?

Max: glielo faccio notare con tatto.
 



Giuro che mi piace solo per l'aureola!

 
Sam: Siamo al momento dell'Apocalisse (quale non ha importanza). Ti ritrovi davanti a due cancelli. Arriva San Pietro e ti fa le domandine per decidere se mandarti in Paradiso o all'Inferno. D'un tratto, dal cancello dell'Inferno compare la gnokka perfetto/a. Il sogno della tua vita mortale. Vorresti ancora andare in Paradiso?

Max: Beh, sì. Con i tempi che corrono non sia mai che quel che appare sia diverso da quel che sembra!



Massimo Valentini



giovedì 13 settembre 2012

"Assault Fairies vol 1", recensione




Assault Fairies vol 1 è il romanzo di esordio di Chiara Gamberetta, una delle firme più graffianti dei siti dedicati al Fantasy italico. Non è mai stato pubblicato ed è disponibile al pubblico sul sito dell'Autrice. Non avevo mai pensato a recensirlo, fondamentalmente perché non mi piace moltissimo il genere ma poi, viste le recenti polemiche scatenate su questo e altri siti su regole e regolette, ho pensato che il libro della Gambera più "battagliera" del web potesse rivelarsi un buon esempio di  un'opera scritta facendo ricorso alle regole. Certo, direte voi, esistono molti libri scritti con un occhio di riguardo al "mostrato". Patricia Cornwell, tanto per fare un nome a grande diffusione, usa esattamente le stesse tecniche per Kay Scarpetta, una delle sue protagoniste. Però, se devo essere sincero, li trovo freddi e poco verosimili per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi. Oltre a ciò, l'uso esasperato del principio noto come "Economia della Storia" li rende ai miei occhi mutilati della fine. Così, aiutato da una pinta di birra Cartablanca, ho deciso di recensire il libro della Gambera e buon pro vi faccia.  


Non è la Gambera ma il suo avatar...

Trama:

Non la delineerò troppo anche perché, da quel  che mi è parso leggerlo, è sostanzialmente un pretesto per mostrare le varie tecniche utilizzabili per scrivere una storia. A ogni modo, la trama vede un gruppo di fatine che abitano una Londra bizzarra tra coniglietti fumatori, strani esseri, fantasiose macchine da guerra e personaggi allucinati. Una trama che per quanto mi riguarda non esiterei a definire Bizarro Fiction ma che Chiara, al contrario, dice di essere un nuovo sotto-genere del fantasy



Recensione:


Per un libro particolare come questo ho deciso di eseguire una valutazione altrettanto particolare. Pertanto comincerò a elencare le tecniche da lei adottate con i relativi pregi e  difetti. Vediamo...


Tecnica

Show don’t tell a profusione, ovvero “mostra, non raccontare”. Abbiamo parlato di questo modo di scrivere per diversi post e io stesso sto al momento riscrivendo “ISDN” facendone ampio uso. Ma, se per quanto riguarda il mio libro ho cercato di seguire un equilibrio tra mostrare e raccontare, ciò non sembra essere stata la linea guida di Chiara. Il pregio dello show don’t tell è l’aspetto verosimile dell’ambientazione. Le scene e i fatti narrati sono più chiari per chi legge, contribuendo a fare di un romanzo mostrato un libro più efficace di uno solo raccontato. Ma è davvero così? Sì e no. Sì, perché Gamberetta ha usato termini adatti per ogni scena, senza inutili e mielosi giri di auliche parole. Il ritmo è veloce e quindi si lascia leggere con piacere. No, perché alla fine il troppo stroppia e il romanzo mostra scene superflue. I dettagli sono troppi e chi legge si scopre a dover riflettere su ogni parola. Io credo che si debba  alternare il mostrato al raccontato seguendo il già citato principio dell'Economia della Storia, che recita più o meno così: “Mostra ciò che serve davvero e racconta il resto”. Curioso che Gamberetta, che pure ha più volte evidenziato questo equilibrio, non lo abbia seguito.



La Prima Persona:


Il romanzo è scritto facendo uso della Prima Persona al tempo presente. Questa scelta regala credibilità alla trama e chi legge “empatizza” col personaggio. Tuttavia, a mio parere, questo tipo di Pov è più adatto a un romanzo biografico o epistolare perché in caso contrario, con un romanzo ad ampio respiro, il pov limita troppo la visione degli eventi. La Prima Persona al presente limita la potenza della storia a una sola persona, il protagonista. Ma se vogliamo scrivere un romanzo capace di rivaleggiare con la potenza espressiva di una pellicola cinematografica, perché a questo serve lo show don't tell, usare questa tecnica rende il libro in qualche modo menomato. Neanche Assault Fairies vol 1, poi, fa a meno dell'infodump. Intendiamoci: Gamberetta è abilissima a mostrare un mondo complesso e variegato senza ricorrere all'infodump farlocco tipico di molti scrittoroni di oggi, però ricorre a pensieri che "sanno" di infodump, segno che forse avrebbe potuto porre più attenzione a questo aspetto.


Ambientazione:

Ciò che questo romanzo mostra è che le fatine sono più importanti degli umani e anche più intelligenti. Nonostante lo stile chiaro e preciso non ho ben capito il ruolo della magia di questi esseri dalle sembianze di donne mignon. In pratica, non è chiaro se la loro magia è illusione o cambia davvero il mondo. Perché non usarla meglio? Insomma, se la magia è la panacea per tutti gli inconvenienti e, giustamente, l’autrice non è ricorsa al solito paternale tipo dei Fantasy che vede il solito mago, col solito eroe che non usa la (solita) magia per paura di alterare gli equilibri del mondo (e quindi, alla fine, servire da pretesto all’Autore perché prosegua la storia) allora io ne avrei fatto a meno. Le fatine di Gamberetta non sono sagge e anzi sono delle grandissime figlie di buona donna. Allora a che serve dotarle di magia se poi non ne fanno un uso completo? Altra cosa che non mi è piaciuto è il cyberpunk presente a ogni pagina. Che Chiara sia una fan di quest’ambientazione mi pare ovvio. Io no, ma questa è solo una questione di gusti.


Caratterizzazione dei personaggi:


Abbiamo detto tante volte che i personaggi andrebbero caratterizzati, cioè differenziati, uno dall’altro per evitare di confondere chi legge. Dobbiamo renderci conto che un libro non è un film e quindi non si può contare sugli occhi per capire che Richard è bruno, saccente e mostra una certa preferenza per le bionde, mentre Lara è bella, intelligente e preferisce farsi una canna invece che andare a scuola. Sia Richard che Lara devono mostrare comportamenti e parlati diversi perché chi legge non si confonda. Non ho detto che sia un giochetto, questo è scrivere, bellezze. E no, Licia Troisi NON SA scrivere. Un plauso lo voglio fare invece per i coniglietti fumatori che sono probabilmente i soli personaggi ben caratterizzati del romanzo. Ultima cosa: quando le fatine parlano di loro stesse usano, per descrivere il proprio corpo, termini come "manine", "piedini", "testolina", ecc. Ma se sei una fatina non pensi sempre a te stessa come fornita di "piedini" perché lo dai per scontato. L'errore non è di poco conto perché salta subito all'occhio.


 Quindi:


Senza dubbio, Assault Fairies vol 1 è un romanzo scritto bene con idee divertenti, niente di già visto, niente lagne alla Strazzulla, Elfi Yahoi, niente Nihal e patetici vampiri adolescenti. Niente che ricordi il Fantasy d’accatto italico o straniero che sia. E già questo è un vantaggio, senza contare che è gratis e non costa venti e più euro come i libri-sola che vanno di moda oggi.  Ma, come ogni cosa umana che si rispetti, nenche questo romanzo è perfetto perché sembra più uno sfoggio di tecnica che non una storia scritta per il piacere di scriverla. Sono certo che Chiara si sia divertita moltissimo a scriverla, senza dubbio, ma questa sensazione esiste. Sarà per il troppo "mostrato" o per l'ansia che sembra pervadere la narrazione di usare frasi ineccepibili dal punto di vista tecnico, non so. Ok, una storia senza tecnica è scritta coi piedi, ma se la scrivi solo con la tecnica è fredda, priva di emozioni e, alla fine, simile a tante altre. Lovecraft, che pure era un grandissimo studioso, non era uno scrittore dalla magnifica tecnica, ma ha lasciato storie suggestive e di atmosfera. Storie che rileggo da decenni e che conosco a memoria perché non stancano mai. Ma il grande autore americano non ne sapeva nulla di “mostrare”, POV, dialoghi verosimili e infodump. Insomma, forse non sapeva scrivere ma senza dubbio sapeva raccontare.  Assault Fairies vol 1, invece, denota che la sua Autrice sa solo scrivere. E se è vero, come dice la stessa Gamberetta, che “raccontare” e non “mostrare” è sbagliato, è anche vero che a mio modo di vedere si dovrebbe cercare di far bene entrambe le cose.


Massimo Valentini